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Sono un centravanti di mestiere

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Storia dei centravanti laziali che hanno lasciato il segno

Recitava così il pezzo di un celebre brano, che diede il nome all’omonimo album, di Giuseppe Povia, cantautore milanese vincitore del Festival di Sanremo nell’edizione 2006. La canzone è una chiara analogia tra le difficoltà che la vita ci pone dinanzi e gli ostacoli che deve affrontare una punta di razza nello sport più amato da tutti. Le discussioni nell’ambiente laziale sui principali attori che interpretano questo ruolo si sprecano: assicuratesi le prestazioni del beneamato Ciro Immobile, bomber campano dalle spiccate doti realizzative, lo staff tecnico della Società Sportiva Lazio ha deciso di puntare sull’ex Espanyol Felipe Caicedo per consentire il giusto riposo al cannoniere biancoceleste. Dopo varie polemiche sulle capacità tecnico-tattiche dell’ecuadoriano, il mister Inzaghi ha proposto lo schieramento al fianco di Immobile, proponendo un’intesa che va via via maturando a suon di assist e gol.

La maglia biancoceleste, oltre alle più tipiche meteore con le quali, chi più e chi meno, le società calcistiche hanno avuto a che fare, l’han vestita attaccanti campionissimi, degni di essere ricordati con gioia ed emozioni.

Partiamo dall’indimenticabile Silvio Piola, tra i pionieri del ruolo agli albori del calcio italiano: vincitore del Mondiale nel 1938, detiene tuttora il record di massimo marcatore della Serie A con 290 reti realizzate tra Lazio, Pro Vercelli (società che gli ha intitolato lo stadio) e Novara, ed è considerato tra i più grandi attaccanti di sempre, dotato di fiuto del gol fuori dal comune, univa la buona tecnica individuale allo strapotere fisico donatogli dalle sue lunghe leve, capaci di enormi falcate.

Negli anni di piombo, in un’epoca in cui essere laziali significava intraprendere una guerra, a volte violenta e su ogni fronte, con il vicino romanista, brillava Giorgio Chinaglia. “Long John”, il soprannome era tutto un programma: 186cm per 80kg, lo strapotere dell’attaccante carrarese nell’area di rigore si farà valere soprattutto nella stagione 1973-1974, anno del primo tricolore della Lazio a firma Tommaso Maestrelli. Chinaglia, cuore laziale, oserà sfidare il pubblico romanista sotto la Curva Sud, feudo giallorosso, puntando il dito contro gli eterni rivali e infiammando lo spirito dei tifosi biancocelesti.

Nei campionati successivi, il susseguirsi dei grandi nomi in attacco darà enorme risalto alla Lazio in campo nazionale e internazionale: passando da Bruno Giordano, attaccante trasteverino di estrema classe e vincitore di uno storico scudetto col Napoli, fino ad arrivare ai celeberrimi Beppe Signori, Bobo Vieri, Hernan Crespo; Marcelo Salas, col suo pesante gol in Supercoppa Europea al Manchester United; l’attuale mister Simone Inzaghi; Tommaso Rocchi, vincitore di una Coppa Italia con la Lazio; Miroslav Klose, autentico panzer tedesco castigatore della Roma con un celebre gol al 94° minuto. Eredità pesante, oggi, per chi veste i panni di quel ruolo nella formazione tiberina nata nel 1900.

Ad oggi, però, i tifosi laziali possono dormire sonni tranquilli, se pensano all’attuale numero 17 biancoceleste. Ciro Immobile sta spazzando via ogni record, l’età gli permette di dare ancora tanto a questi colori e l’idillio con l’ambiente e la tifoseria sembra dargli una marcia in più in ogni partita. Considerando le presenze e i minuti trascorsi per rete da quando è nella Capitale, la media gol è di 0,75 punti. La più alta detenuta da un attaccante laziale. Numeri incoraggianti, se si pensa che è tra i pochi a caricarsi la squadra sulle spalle anche nei momenti difficili: sua l’indimenticabile doppietta allo Stadium di Torino lo scorso anno, nella storica vittoria laziale nei minuti finali, suoi i gol pesanti nei derby della stagione 2016-2017 e in Supercoppa Italiana, sempre alla Juve; tra le vittime annovera anche Napoli e Milan (con tripletta), pur quando la squadra soccombe nel gioco e nel risultato.

La storia dei centravanti della SS Lazio è lunga, i tifosi hanno ricordi indelebili, eppure tutti sanno quanto è difficile interpretare questo ruolo, a tratti bello, a tratti doloroso. Sa regalarti emozioni  imparagonabili, come correre sotto una curva in festa che urla il tuo nome, ma sa anche relegarti negli inferi, nel limbo dei falliti, in caso di cocenti delusioni e prestazioni indegne. Tutto sta nell’interpretazione del ruolo. E della vita, non soltanto calcistica. Mens sana in corpore sano… e per un attaccante è un detto che vale tantissimo.



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