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8 anni agoon
In occasione del suo 41° compleanno vi raccontiamo la storia di un calciatore che nonostante abbia giocato solo due stagioni con la Lazio ha fatto sognare tutti i tifosi biancocelesti con la sua classe e con le sue magie in campo, stiamo parlando di Juan Sebastián Verón.
Sebastián Veron nasce a La Plata in Argentina il 9 marzo del 1975. L’argentino è figlio d’arte, visto che già il padre Juan Ramón Veron, detto la “Bruja” (la strega in italiano), è stato anche lui un calciatore. Il padre viene ricordato soprattutto per il goal ai Mondiali d’Inghilterra del 1966, quando segnò una rete all’Old Trafford contro i padroni di casa nella partita vinta dall’Argentina contro l’Inghilterra per 2-1. Juan, invece, cominciò la sua carriera da professionista nel 1993 nelle squadra dell’Estudiantes, dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili dall’età di sette anni. Qui gioca per 3 stagioni totalizzando 22 presenze e 2 reti e gli viene anche dato il soprannome che in precedenza era del padre. Nel gennaio del 1996 poi viene acquistato dal Boca Juniors, dove gioca 17 gare e segna 3 reti. Così, grazie alle sue prestazioni, in quello stesso anno la Sampdoria lo portò in Italia per 6 miliardi di lire. A Genova gioca per due stagioni fino al 1998, disputando 61 partite e realizzando 6 reti. Nella stagione 1998/99 passa poi al Parma per una cifra altissima, acquistato da Callisto Tanzi. Con la maglia dei ducali disputa una stagione, collezionando 26 presenze e 1 rete, vincendo anche una Coppa Italia e una Coppa Uefa.
Nel 2001 arriva quindi al Manchester United, dove resta per due stagioni giocando in tutto 51 partite e segnando 7 reti. Nel 2003 passa poi Chelsea ma gioca, anche per colpa di un serio infortunio, solo 7 partite segnando un goal. Inoltre ha anche alcuni dissidi con l’allenatore Mourinho e proprio per questo fu ceduto in prestito all’Inter per le stagioni 2004/05 e 2005/06. A Milano disputa due ottimi campionati, giocando 49 gare e segnando 3 reti. Nel 2006/07 torna, quindi, in Argentina, desideroso di finire la carriera in patria. Firma nuovamente all’Estudiantes, giocando nella prima stagione 34 partite e segnando 5 reti. Con la squadra rosso-bianca rimane fino al 2014, vince la Coppa Libertadores e conquista anche, per due volte, il premio Re d’America che equivale al Pallone d’Oro sudamericano, assegnato ogni anno dal giornale uruguayano El Pais. Nel 2012 gioca per un breve periodo con la squadra dilettantistica del Coronel e dopo aver annunciato per ben due volto il suo addio al calcio, nel luglio 2013 firma di nuovo con l’Estudiantes un contratto di un anno, dopo essere stato anche D.S. della squadra. Alla fine della stagione 2013/14 infine annuncia di nuovo il suo addio al calcio giocato e il 5 ottobre 2014 viene eletto presidente della squadra rosso-bianca.
Ha vestito per ben 73 volte la maglia della Nazionale Argentina e ha segnato 9 gol. Disputa con la sua nazione il Mondiale del 1998 in Francia e il Mondiale del 2002 in Corea e Giappone, dove porta anche la fascia di capitano. Non prende parte al Mondiale del 2006 in Germania, ma ritorna in Nazionale per disputare la Copa América del 2007. Nel 2010 inoltre venne inserito dal CT Diego Armando Maradona tra i 23 convocati per il Mondiale, per poi ritirarsi nel 2011.
Verón è stato uno dei massimi protagonisti dei successi della Lazio e ha dimostrato tutto il suo valore con la maglia biancoceleste. In due stagioni con l’aquila sul petto ha giocato al centro del campo e dai suoi piedi passavano tutti i palloni. Era lasciato libero di spaziare su tutto il fronte da Eriksson e il giocatore, in possesso di un senso tattico superiore, sapeva interpretare le partite scegliendo da solo la posizione più utile. Era dotato di tecnica sopraffina, imprevedibile ma pragmatico, aveva un controllo di palla ottimo e lasciava partire con ambedue i piedi delle lunghissime sciabolate che con precisione assoluta finivano sempre sui piedi dei compagni. Sapeva tirare benissimo anche le punizioni e trovò nella Lazio un altro specialista nei tiri da fermo, Mihajlovic, con il quale ingaggiava in allenamento delle spettacolari gare che duravano fino a sera inoltrata.
Ha sempre avuto un carattere allegro e molto disponibile, tanto che nei suoi due anni alla Lazio fu soprannominato “la luce”. Ha lasciato molti rimpianti tra i tifosi laziali che lo apprezzano e lo ricordano ancora con gratitudine per quanto fatto con la maglia della Lazio. Si chiude quindi qui il nostro breve racconto della storia del calciatore argentino che ha fatto “stropicciare” gli occhi a tutti i tifosi biancoocelesti, facendo parte di una squadra fortissima, con la quale ha vinto tanto e ha fatto grandi cose.
Grazie “Bruja” e ancora tanti auguri!