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La morte di Vincenzo Paparelli

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vincenzo paparelli

Il 28 ottobre 1979, nel corso del derby tra Roma e Lazio, si è verificato un tragico incidente che ha avuto conseguenze devastanti. Vincenzo Paparelli, un devoto tifoso della Lazio, si trovava in Curva Nord in attesa dell’inizio della partita. Mentre si godeva un panino e scrutava il cielo minaccioso, ha assistito a uno spettacolo terribile. Due razzi di segnalazione sono stati sparati dalla Curva Sud, ma invece di rimanere all’interno dello stadio, hanno deviato dalla loro traiettoria prevista.

Poi, da parte della Curva Sud, è stato lanciato un terzo razzo che ha compiuto una traiettoria retta di quasi 150 metri, colpendo Vincenzo Paparelli direttamente in un occhio. Gli spettatori hanno raccontato di una lunga scia nera nel cielo e di schizzi di sangue ovunque. Paparelli è crollato, e la sua moglie, che si trovava accanto a lui, ha iniziato a urlare e chiedere aiuto. Tuttavia, molti tifosi, presi dal terrore, sono scappati dalla zona.

Un giovane ha cercato disperatamente di aiutare Paparelli, cercando di rimuovere il petardo dal suo occhio. Tuttavia, è riuscito solo a toglierlo in parte, e dal foro nel viso di Paparelli e dall’area dietro la sua testa è uscito del fumo. I medici sono arrivati rapidamente, portando una barella per trasportare Paparelli nell’antistadio della Curva Nord. Da lì, è stata chiamata un’ambulanza che ha cercato di raggiungere l’Ospedale Santo Spirito a sirene spiegate, ma purtroppo, Paparelli è giunto al tragico destino di essere dichiarato morto.

Vincenzo Paparelli aveva 33 anni al momento dell’incidente e lasciava la moglie e due figli. La Curva Nord, che era già ridotta a poche migliaia di spettatori, è stata scossa da disordini e tentativi di invasione. Molti tifosi non volevano che la partita si giocasse, ma alla fine, per evitare ulteriori disordini, è stata disputata in un’atmosfera surreale con la Nord e la Tevere “laziale” vuote mentre il resto dello stadio era pieno.

Le forze dell’ordine hanno immediatamente iniziato a cercare i responsabili dell’atto, e in seguito a un’indagine, è emerso che Giovanni Fiorillo, un giovane pittore edile disoccupato di 18 anni, era l’autore materiale dell’atto criminale. Fiorillo è fuggito subito dopo l’omicidio, cercando rifugio in giro per l’Italia e persino in Svizzera. Dopo quattordici mesi, ha deciso di costituirsi. Nel 1987, la Cassazione lo ha condannato a sei anni e dieci mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale. Fiorillo è poi deceduto il 24 marzo 1993 a causa di una malattia incurabile.

Durante il periodo di latitanza, aveva cercato di contattare quasi ogni giorno Angelo Paparelli, il fratello di Vincenzo, per chiedere scusa e giurare che non aveva intenzione di uccidere nessuno il 28 ottobre.

Il 29 ottobre 2001, a ventidue anni dall’incidente, è stata posta una targa in memoria di Vincenzo Paparelli presso lo stadio Olimpico, sul lato della Curva Nord. Nel 2011, Vanda del Pinto, vedova di Vincenzo, è purtroppo scomparsa all’età di 61 anni.

Gli Articoli del giorno dopo de L’Unità

“La violenza negli stadi ha provocato una vittima. Ammazzato all’Olimpico. Spettatore colpito in pieno viso dal razzo sparato da un teppista. Vincenzo Paparelli, un meccanico di 32 anni, è crollato sotto gli occhi della moglie. La tragedia un’ora prima dell’inizio delderby. Si è discussa l’eventualità di non effettuare l’incontro. Numerose persone fermate”.

Doveva essere una giornata di sport. Il derby Roma-Lazio è appuntamento di gran richiamo per gli sportivi della capitale. Invece s’è trasformata in una assurda tragedia, che non trova spiegazione alcuna e che è costata la vita a Vincenzo Paparelli, un meccanico di 33 anni. Erano circa le 13,20 e già migliaia di spettatori avevano preso posto sulle gradinate dell’Olimpico.

Nella curva sud si erano sistemati come sempre i tifosi della Roma, nella nord quelli della Lazio. Nonostante mancasse ancora più di un’ora all’inizio della partita il clima era teso come da tempo non accadeva. I tifosi di opposta fazione avevano preparato cartelli, striscioni, come negli altri derby insomma. Proprio uno striscione innalzato improvvisamente dalla curva dei tifosi laziali ha provocato la scintilla; c’era scritto: “Rocca bavoso, i cadaveri non risuscitano“. Il giocatore Rocca è un terzino che più volte ha dovuto interrompere l’attività per un infortunio e sottoporsi a interventi chirurgici. La prima reazione dei tifosi romanisti è stata quella di tentare un’invasione di campo per portarsi nell’altra curva. Le forze dell’ordine sono subito intervenute, riuscendo a bloccare gli invasori. Sembrava che tutto dovesse ritornare alla normalità.

Invece qualche minuto dopo il drammatico episodio. Dalla curva dei romanisti, dalla parte della tribuna Tevere all’altezza dello striscione Roma club Somalia, è stato sparato un razzo autoesplodente anti-grandine. Poi si saprà che non era un razzo qualsiasi, ma un vero e proprio proiettile. Si tratta di un cilindro lungo 20 centimetri e con un diametro di 4, che può percorrere traiettorie anche di 200-250 metri.

Nello stadio si è sentito un sibilo, sinistro, il proiettile ha disegnato una lunga scia fumosa e ha colpito Vincenzo Paparelli in pieno viso, nell’occhio sinistro. L’uomo era seduto nell’ultima fila di panchine nel versante della tribuna M. Mario, dietro una delle uscite del settore. Era in compagnia della moglie Wanda Del Pinto e stava aspettando l’inizio della partita, mangiando il panino che si era portato da casa. Era il suo pranzo. La moglie ha visto arrivare il razzo, ha cercato di avvertire il marito, ma non ha fatto in tempo. Vincenzo Paparelli, colpito in pieno viso, nella parte della regione temporale sinistra, s’è subito portato le mani sul viso diventato una maschera di sangue.

I primi soccorsi gli sono stati portati dalla moglie, che gli ha subito estratto il razzo. Poi, non ha resistito, è svenuta. Sono intervenute le forze dell’ordine, Paparelli è stato subito trasportato al pronto soccorso e di lì in ambulanza all’ospedale Santo Spirito, dove però è giunto cadavere.

Intanto nello stadio si vivevano attimi di grande tensione, di paura. Dopo cinque minuti altri due razzi, di identico tipo sparati sempre dallo stesso settore per fortuna sono esplosi fuori dello stadio.

Nella curva nord, anche fra le poche centinaia di spettatori rimasti, si diffondeva il panico, con la gente alla ricerca disperata di una via di uscita. Ma non tutti lasciano le gradinate. Un gruppo di tifosi si scatenava contro i cristalli divisori, per crearsi un varco. “Gridavano come ossessi – racconta un brigadiere di pubblica sicurezza – erano fuori di sé. “Toglietevi” ci strillavano. “Dobbiamo andare ad ammazzare gli assassini romanisti”. La fermezza degli agenti ha bloccato sul nascere ogni ulteriore reazione sconsiderata. Nel frattempo negli spogliatoi si stava decidendo se giocare o no la partita.

Il presidente del centro di coordinamento dei club biancazzurri chiedeva il rinvio della partita per timore di nuovi gravi incidenti. L’arbitro decideva alla fine che si dovesse giocare. Nella curva nord l’atmosfera non si placava. Gruppi di tifosi laziali continuavano a lanciare oggetti di ogni genere in campo. Urlavano verso i giocatori della loro squadra “Fuori, fuori”. Un invito a abbandonare il campo in segno di protesta. Si avvicinavano allora i giocatori Wilson Giordano per calmare gli animi, mentre numerosi agenti si schieravano ai bordi del campo.

La partita ha avuto così inizio in un clima che non prometteva nulla di buono. Ma fortunatamente non accadeva più nulla di grave. Soltanto proteste verbali dei laziali verso i romanisti e più di un pallone sequestrato dai tifosi biancazzurri, quando arrivava dalle loro parti. La partita è sembrata interminabile.

Si sono temuti incidenti, scontri fra i tifosi, durante lo sfollamento dallo stadio, ma sono giunti rinforzi di polizia e carabinieri. Un enorme dispiegamento di forze dell’ordine ha presidiato i punti nevralgici dei viali dello stadio. “Non ho mai visto un derby più terribile di questo – ha commentato il vice-questore Marinelli, che sovraintende il servizio d’ordine all’Olimpico – Una cosa incredibile. Stamane quando abbiamo fatto l’abituale giro di perlustrazione abbiamo trovato di tutto, nascosto nei posti più impensati. Abbiamo riempito un camioncino di mazze, spranghe di ferro, pistole giocattolo, sassi, mattoni, e anche 50 razzi dello stesso tipo che hanno ucciso il Paparelli. Abbiamo fermato quattro persone”.

Due dei fermati sono sospettati di fare parte del gruppo di teppisti che stava sulla curva sud, nel punto da dove è stato esploso il micidiale razzo. Altri fermi sono stati effettuati poi in città: giovani provenienti dallo stadio sono stati trovati armati di spranghe, coltelli e altre armi.


Da La Stampa del 29 ottobre 1979:

Il derby Roma-Lazio passerà tragicamente alla storia. Uno spettatore di 33 anni, Vincenzo Paparelli, sposato, padre di due figli, è stato ucciso sulle gradinate della curva Nord quasi al limite con la tribuna Monte Mario, da un razzo esploso dalla curva Sud che si trova al lato opposto dello stadio. Era un tifoso della Lazio. Ieri è andato alla partita con la tessera del fratello, tifoso della Roma, con il quale manda avanti una piccola officina nel quartiere di Primavalle. E’ la prima volta in Italia, che un incontro di football viene funestato da un delitto. L’episodio è accaduto verso le ore 13 quando già gli spalti dell’Olimpico erano gremiti di folla. Sulla curva Sud si trovavano, secondo un’antica consuetudine, i tifosi romanisti, mentre il lato Nord era riservato ai sostenitori laziali.

Le due fazioni stavano scambiandosi i soliti slogan sfottenti. La scintilla è scattata quando nel settore laziale e apparso un grosso striscione sul quale era scritto a lettere cubitali: “Rocca bavoso, i morti non resuscitano”. I romanisti replicavano con bordate di fischi. Improvvisamente dal punto dove giganteggiava un grosso drappo con scritto “commando ultra curva Sud”, è partito un grosso razzo, che dopo aver attraversato sibilando tutto il campo, andava a colpire in pieno volto il Paparelli che si accasciava sanguinante al suolo. In un baleno dilagava il panico. La folla si precipitava verso le uscite mentre un altro proiettile, scagliato dallo stesso punto, oltrepassava addirittura il settore Sud, andando a finire su un albero fuori dello stadio. Intanto accanto al Paparelli era rimasta soltanto la moglie Wanda del Pinto, che gridava disperatamente.

E’ trascorso qualche minuto prima che ci si rendesse conto della gravità dell’episodio. Poi sono arrivati i barellieri. L’ambulanza si faceva largo con la sirena spiegata, diretta verso l’ospedale di S. Spirito. Purtroppo il poveretto ha cessato di vivere lungo il tragitto. Uno spettatore ha raccolto il piccolo razzo insanguinato, che aveva ucciso il giovane e lo ha consegnato alla polizia. Solo dopo un quarto d’ora si spargeva fra il pubblico la notizia della morte del Paparelli. I sostenitori biancoazzurri si abbandonavano ad una reazione rabbiosa. Saltavano fuori bastoni, spranghe di ferro, biglie.

Venivano infranti i vetri che dividono i settori delle tribune Tevere e Monte Mario. Alcuni esponenti dei circoli biancoazzurri si portavano davanti agli spogliatoi chiedendo la sospensione della partita. Il presidente della Roma, ing. Viola, pallido in volto, replicava con aria affranta che non si sentiva di assumersi la responsabilità di una decisione che avrebbe rischiato di creare incidenti ancora più gravi.

Anche le autorità hanno ritenuto opportuno evitare di prendere iniziative con il pericolo di far precipitare la già precaria situazione. Quando le squadre sono entrate sul terreno di gioco, dalla curva Sud si è levato il coro di “assassini, assassini”. La curva Nord presentava larghi vuoti. Molti avevano lasciato lo stadio per paura e altri in segno di protesta aderendo all’invito lanciato dai capo-tifosi. Alcuni scalmanati si sono avvicinati al fossato e hanno cominciato a lanciare oggetti in campo mentre le forze dell’ordine si schieravano con i fucili lanciarazzi puntati.

Il capitano della Lazio Wilson e Giordano, si avvicinavano agli spalti cercandodi placare l’ira dela folla. L’arbitro D’Elia si guardava intorno disorientato. Partiva un razzo di color rosso che lo sfiorava ad una spalla. Nel trambusto generale, il direttore di gara decideva di fischiare l’inizio della partita. Continuava il lancio di proiettili di ogni genere. Il comandante dei carabinieri decideva di far entrare nel recinto della curva Nord drappelli di militi. Si accendeva qualche scontro. Ma fortunatamente non accadevano altri episodi gravi. Più tardi il capo del secondo distretto di polizia, dott. Marinelli, ha dichiarato che era stato effettuato il fermo di quattro giovani. Si sospetta che due dì essi abbiano a che fare con l’episodio delittuoso“Non sappiamo con esattezza quale tipo di arma abbia usato il teppista che ha sparato — ha aggiunto il funzionario — riteniamo che debba trattarsi di un lanciarazzi dotato di una carica di notevole potenza”.
Gli aspetti tecnici del derby hanno trovato scarsa eco negli spogliatoi dell’Olimpico. Su allenatori, giocatori, dirigenti, giornalisti, gravava l’atmosfera pesante della tragedia avvenuta prima della partita in curva Nord. Il primo a raggiungere la sala stampa è stato Liedholm che aveva un’aria mesta e sconcertata. Ha cercato all’inizio di sviare il discorso dal luttuoso episodio affermando che secondo lui la partita aveva avuto uno svolgimento regolare.

 “Sulla triste vicenda accaduta sugli spalti — ha dichiarato lo svedese — non avevamo notizie sicure. Si parlava di un ferito grave. Rocca era molto agitato per quel cartello pieno di insulti. Ha giocato male, come del resto tutta la mia squadra. Non avevamo la mente serena per sviluppare un gioco normale. Ognuno cercava l’iniziativa personale”. Pensa che possa aver influito la notizia della morte di uno spettatore? Abbiamo iniziato la gara quasi inconsciamente — ha replicato Liedholm — ma con il trascorrere dei minuti i giocatori sono riusciti a concentrarsi sulla partita. L’episodio è inconcepibile. E’ la prima volta, nella mia lunga carriera prima di calciatore e poi di allenatore, che mi capita di assistere ad un fatto cosi grave”.

Poi il trainer, anche per sdrammatizzare un po’ il clima, ha ripreso a commentare l’incontro con parole piuttosto dure nei confronti dei suoi giocatori: “Tancredi è stato il migliore in campo, non ha potuto far nulla sulla palla del gol deviata da Rocca. Ma nello stesso tempo non esito ad affermare che siamo stati fortunati. La Lazio ha giocato meglio, specialmente nel primo tempo”.

Il capitano Santarini, mentre si recava nello spogliatoio dei laziali, ha dichiarato: “Quando abbiamo appreso la notizia del gravissimo incidente, noi e i nostri avversari, siamo rimasti frastornati. In questo momento non mi vengono le parole. Siamo vicini ai familiari dello scomparso. Ma so che non basta. Purtroppo si alimenta la violenza da una parte e dall’altra con certe scritte offensive come quella su Rocca. Con questo non voglio giustificare l’accaduto. Ma vorrei dire che purtroppo da scherzi pesanti a volte scaturiscono le tragedie”.

Il presidente ing. Dino Viola, pallidissimo in volto, ha detto: “Ho parlato con i ragazzi prima e durante l’intervallo della partita. Li ho esortati a rimanere calmi, anche se era difficile per tutti in quei momenti. In settimana avrò dei contatti con i capo-tifosi. Cercheremo insieme di individuare i responsabili. Ciò che è accaduto è inaudito quando si pensa che si dovrebbe andare in uno stadio solo per divertimento”.

Negli spogliatoi biancazzurri si respirava un clima di doloroso risentimento espresso con parole assai dure. “Quando sono andato verso la curva dei nostri tifosi — ha raccontato il capitano Wilson — ho detto loro di lasciarci giocare. Era il modo migliore per onorare la memoria dello scomparso. In caso contrario penso che si sarebbe rischiata una tragedia ancora più grave anche se il nostro primo istinto è stato quello di non cominciare la gara. E’ brutto quello che dico ma quello che ha ammazzato merita di morire nella stessa maniera. Finire l’esistenza in uno stadio è davvero sconvolgente”.

Preso da una crisi di pianto, Wilson si è interrotto bruscamente. Giordano: Abbiamo saputo della disgrazia poco prima dell’inizio della partita. Ho pregato i tifosi di stare calmi assicurando loro che avremmo fatto di tutto per vincere dedicando il successo alla memoria dello scomparso. Mi sono sentito rispondere: romanisti assassini”. Montesi ha duramente rimproverato le autorità che “sarebbero dovute intervenire per sospendere la partita”. Lovati è apparso distrutto: “E’ stato un pomeriggio che non dimenticheremo presto — ha dichiarato il trainer — tuttavia non credo che abbia influito sui miei giocatori la notizia dell’accaduto. Per quanto riguarda la gara dico solo che la Lazio è stata nettamente superiore, meritavamo ampiamente dì vincere”.
“Ho visto il razzo arrivare dall’altra parte dello stadio. Era luminoso ed aveva una scia di fumo. Ho fatto appena in tempo a girarmi per dire a Vincenzo di stare attento, ma era già stato colpito”. Annientata dal dolore Wanda Del Pinto ricostruisce fra le lacrime gli attimi che hanno preceduto la morte di Vincenzo Paparelli. Sono le 16 e la donna si trova negli uffici della squadra mobile per fornire la sua deposizione. E’ lì da pochi minuti ed il funzionario di turno fa mettere a verbale il suo racconto. 

“Eravamo usciti di casa dopo le 12.30. Vincenzo era un patito della Lazio e non voleva mancare al derby. Per vedere la partita si era fatto prestare la tessera dal fratello”. Il calcio era l’unico hobby di Vincenzo Paparelli. Romano, 33 anni, terzo di cinque fratelli, lavorava come meccanico in un’officina di Primavalle. “Stasera sarebbe dovuto venire a cena a casa mia — spiega il cognato Otello Del Pinto —. Dovevamo festeggiare il compleanno di mio figlio che ha compiuto tre anni. L’ho visto l’ultima volta sabato sera. Sono stanchissimo, mi ha detto, ma domani Roma-Lazio non voglio proprio perderla”.

Tutta Primavalle si stringe intorno al dolore di una famiglia provata da una tragedia assurda. La gente della borgata sfila silenziosa sotto la casa del meccanico, in via Dronero, in un pellegrinaggio spontaneo e composto. Nel tardo pomeriggio arriva l’aggiunto del sindaco Petroselli. E’ accompagnato da due vigili urbani e alla sorella di Vincenzo Paparelli porta il cordoglio del primo cittadino e della giunta capitolina.

Il dott. Efisio s’informa sulle condizioni economiche della famiglia. “Domani mattina — dice — verrà una assistente sociale. E’ a vostra disposizione per quanto potrà esservi utile. Oggi all’Olimpico è morto un cittadino romano e vorremmo partecipare al vostro dolore”. L’aggiunto e i familiari di Vincenzo Paparelli si appartano in un angolo. Otello Del Pinto ringrazia il funzionario comunale. Non sappiamo ancora quando potremo fare il funerale — informa —. In questura ci hanno detto che per avere il nulla osta occorre l’autorizzazione del magistrato e che questa verrà concessa dopo l’autopsia”.

Gli adempimenti di legge e il loro lento rituale si scontrano con il dolore di una famiglia. “Vincenzo è morto e nessuno ce lo restituirà — dice singhiozzando la sorella Carla —. Lascia due bambini, di sette e tredici anni, una moglie e quattro fratelli che lo adoravano. Lo ha ucciso quella violenza che lui detestava, la stessa che da troppo tempo segna la nostra vita di tutti i giorni. Che senso ha sapere esattamente come è morto quando i responsabili di ciò non verranno mai scoperti?”

“Stiamo facendo il possibile per arrivare all’identificazione dello spettatore che ha esploso dalla curva Sud il razzo che ha ucciso Vincenzo Paparelli— affermano in questura —. Abbiamo fermato e denunciato una ventina di persone perché trovate in possesso di armi improprie. Due sono tuttora in stato di fermo al secondo distretto di polizia, mentre i carabinieri ne hanno fermati altrettanti. E’ difficile dire se fra questi vi sia lo sparatore. Li stiamo interrogando a fondo, nella speranza che dalle loro deposizioni emergano elementi utili”.

Di più, i funzionari della squadra mobile non vogliono dire. Secondo indiscrezioni trapelate nella tarda serata, tra i quattro fermati non figurerebbero gli autori materiali del fatto. Si tratterebbe comunque di testimoni forse preziosi: tifosi che hanno assistito al derby nei pressi del luogo della curva Sud da dove è partito il proiettile. Intanto, i fedelissimi di numerosi club giallorossi e biancazzurri si sono impegnati a fornire tutta la loro collaborazione agli inquirenti per scoprire i responsabili della morte di Vincenzo Paparelli, il primo spettatore ucciso in Italia all’interno di uno stadio di calcio.
Da La Stampa del 30 ottobre 1979:

Un senso di profondo sbigottimento si è diffuso fra le tifoserie organizzate di Roma e Lazio in seguito al tragico episodio accaduto domenica allo stadio Olimpico. Abbiamo ascoltato Aldo Sbaffo, presidente del centro coordinamento dei club giallorossi e Gino Camiglieri, presidente dei club biancoazzurri, per tentare di mettere maggiormente a fuoco la triste vicenda, con persone che vivono a stretto contatto con i tifosi. I due hanno concordato su un aspetto inquietante del tifo all’Olimpico, affermano con sicurezza, attraverso dati in loro possesso, che da tempo, fra gli appassionati del calcio capitolino, si è insinuato un tipo di violenza di colorazione politica.

Le due organizzazioni contano migliaia di iscritti (la Roma 130 club con 30 mila associati, la Lazio 75 club con 7500 associati). Ma come mai l’autore del delitto, nonostante la stretta opera di sorveglianza degli incaricati dei club, ha potuto agire senza che nessuno si accorgesse del suo gesto criminoso? “Noi controlliamo gran parte della curva Sud, che è la più calda — ha dichiarato Sbaffo —, ma non possiamo arrivare in ogni angolo del settore. Stiamo tuttavia collaborando con le autorità e penso che si sia già ottenuto qualche risultato concreto”.

Infatti, pare che si sia giunti all’identificazione del presunto responsabile, Giovanni Fiorillo, e dell’amico che lo avrebbe spalleggiato, Enrico Marcioni, attraverso testimonianze di associati alla organizzazione romanista. “Posso assicurare — ha aggiunto Sbaffo — che i due non sono iscritti in alcuno dei nostri club”. Sbaffo ha tenuto anche a chiarire che certe scritte sugli striscioni, spesso offensive o macabre, non appartengono all’associazione di tifosi giallorossi.

Abbiamo tuttavia istituito un dialogo — ha aggiunto — con le frange estremiste, che invitiamo a comportarsi in maniera civile. Li conosciamo. Lo sparatore non è uno di loro”. Non avete pensato di farvi promotori per una sospensione della partita? A caldo eravamo propensi a suggerire di non far disputare l’incontro, ma ragionando con più calma pensiamo che sia stato meglio cosi. Si sarebbe corso il pericolo di far entrare in contatto, prima che gli animi si stemperassero, le due fazioni, con tutti i gravissimi rischi che ne sarebbero scaturiti. Siamo tutti vicini alla famiglia dello scomparso”.

Sull’argomento degli striscioni provocatori (domenica uno di questi, che conteneva una scritta offensiva contro Rocca, ha fatto esplodere l’assurda violenza), è intervenuto pure il presidente dei club biancoazzurri, Camiglieri, declinando ogni responsabilità dell’organizzazione. “Noi esponiamo 75 striscioni — ha detto Camiglieri — di cui assumiamo piena responsabilità. Tutti gli altri non hanno niente in comune con i tifosi organizzati”. Secondo lei quale potrebbe essere stata la molla che ha spinto il criminale a sparare? “Innanzi tutto dico che non si tratta di uno sportivo, ma di un individuo uscito da casa con uno strumento da usare per provocare qualcosa di grave”. Camiglieri ha avuto espressioni durissime nei confronti delle persone che avevano l’autorità per non far disputare la gara.

Hanno prevalso gli interessi del Totocalcio, delle società, di fronte ai quali la vita umana non vale nulla. Davanti al morto è continuato lo spettacolo come se nulla fosse accaduto. In qualsiasi manifestazione di altre discipline sportive, ci si sarebbe comportati diversamente”. Sull’esistenza dei club dei tifosi, è intervenuto ieri Santarini, il capitano della Roma, il quale ha affermato che questi sono utili per togliere, ad esempio, un ragazzo dalla strada, per offrirgli la possibilità di stare insieme con la gente. “Ma se in queste organizzazioni — ha concluso il giocatore — riescono ad introdursi individui che mettono in pericolo la vita del calcio, io penso che sia opportuno procedere al loro scioglimento”
Agli stadi come in aeroporto.

Uomini politici, organi d’opinione, personaggi rappresentativi dello sport sono intervenuti sul luttuoso episodio di Roma, esprimendo una corale esecrazione ed un deciso “no” alla violenza. Valerio Volpini, direttore de “L’Osservatore Romano”, definisce la tragedia non accidentale perché deriva dal diffondersi di quel sonno della ragione che produce mostruosità tanto più gravi quanto più sono futili le cause che le rendono possibili”.

Nelle reazioni degli uomini politici l’aspetto più significativo sta nelle dichiarazioni del ministro del Turismo e Spettacolo D’Arezzo, che si possono sintetizzare in due punti: 1) la partita Roma-Lazio andava sospesa; 2) se la violenza è un fatto strumentale e politico, sarebbero necessarie per entrare negli stadi le stesse misure di sicurezza che sono in vigore negli aeroporti.

L’on. Mammì, capogruppo repubblicano e presidente della Commissione Interni della Camera, sottolinea il dovere della denuncia del responsabile senza inammissibili omertà e chiede che, attraverso severe squalifiche dei campi, gli stessi tifosi siano indotti ad isolare i teppisti. Sono intervenuti sull’argomento, con dichiarazioni più o meno analoghe, anche il presidente della Provincia di Roma Lamberto Mancini, il sindaco della Capitale Petroselli ed il deputato democristiano Pennacchini. “Il gioco del calcio è una bella cosa — dice il presidente della Lega professionisti, Renzo Righetti — e quindi cerchiamo di mantenerla tale”. Righetti suggerisce che siano gli stessi spettatori a denunciare gli autori di gesta criminose negli stadi. Su questa linea sono anche il presidente del Coni Franco Carraro (“L’Italia ha nel campionato di calcio un patrimonio che va salvaguardato”) e quasi tutti i presidenti delle società.


Da La Stampa del 31 ottobre 1979:

Conclusa la prima fase delle indagini riguardanti l’omicidio dell’Olimpico che ha portato all’incriminazione dei presunti responsabili, il sostituto procuratore della Repubblica dottor Paoloni, il quale prima di emettere i tre ordini di cattura aveva ricevuto un secondo e più dettagliato rapporto d’indagine dalla Squadra Mobile, si sta occupando degli aspetti collaterali della tragica vicenda. Il magistrato deve stabilire tra l’altro se si debba procedere d’ufficio contro i componenti di gruppi di tifosi violenti, i quali nel pomeriggio di domenica scorsa allo Stadio Olimpico avevano innalzato cartelli e striscioni con i quali si provocava e si incitava alla violenza.

Il magistrato, inoltre, svolgerà accertamenti per stabilire se da parte dei servizi d’ordine e di vigilanza agli ingressi dello stadio sia stata commessa qualche omissione che abbia facilitato il passaggio di strumenti o ordigni atti a offendere.

Il procuratore capo della Repubblica di Roma, prima che il sostituto procuratore dottor Paoloni firmasse i tre ordini di cattura nei confronti di Fiorillo, Angelini e Marcioni per omicidio volontario in concorso tra loro, aveva affermato a proposito del reato da contestare ai tre ragazzi tutte le ipotesi di reato sono possibili, ma quella che per il momento viene tenuta presente è quella di omicidio volontario, considerando che il presunto responsabile dell’omicidio era al corrente del potere lesivo dell’ordigno e considerando che volontariamente tale ordigno è stato adoperato. C’è stata la coscienza — ha concluso De Matteo — di adoperare un meccanismo micidiale”.

Oggi intanto, si svolgerà al ministero degli Interni, convocato dal ministro Rognoni, un vertice per esaminare la situazione e l’entità del fenomeno violenza negli stadi e studiare eventuali misure da adottare. Vi parteciperanno i presidenti del Coni e delle Federazioni sportive, rappresentanti dei ministeri interessati, il comandante dei carabinieri e il capo della polizia. Ieri, infine, è stata eseguita l’autopsia di Vincenzo Paparelli.

Nella cavità cerebrale della vittima è stata trovata dal perito settore della carica espulsa dal razzo sparato da Giovanni Fiorillo, nonché lembi di un paracadute delle dimensioni di centimetri 25×25. E’ stato altresì recuperato materiale bruciacchiato e sono stati trovati residui di plastica. Tutti questi elementi — hanno osservato gli investigatori della Squadra mobile — confermano che l’ordigno che ha colpito Paparelli era un razzo a paracadute per segnalazioni nautiche simile a quelli sequestrati all’armiere Romolo Piccionetti, arrestato l’altra sera e accusato soltanto della vendita abusiva dei razzi.

La Questura di Pescara, impegnata da domenica sera nelle indagini sul delitto Paparelli, continua a cercare il diciottenne Giovanni Fiorillo, che secondo voci si sarebbe diretto nella città abruzzese per visitare una ragazza. Alla polizia non è stata fornita, tuttavia, alcuna indicazione circa l’identità della ragazza, che in passato sarebbe stata fidanzata del ricercato. Le indagini si sono orientate in due direzioni: gli ambienti extraparlamentari di sinistra e l’ambiente del romanisti, che sono un centinaio in città. Si è appreso che una comitiva di accesi tifosi dellaRoma si è recata all’Olimpico domenica, per assistere a Roma-Lazio, e che alcuni portavano degli striscioni con scritte. I tifosi sono stati visti alla stazione ferroviaria di Pescara. Le ricerche, comunque, non hanno dato finora alcun esito positivo.


Da La Stampa del 26 gennaio 1981:

Si è costituito ieri mattina il giovane tifoso della Roma che nell’ottobre del ’79 provocò, con un razzo, la morte di un altro spettatore poco prima dell’inizio del derby Roma-Lazio. Giovanni Fiorillo, 19 anni, si è consegnato nelle mani degli agenti della squadra mobile accompagnato dai genitori, Giacomo e Candida Capriotti, e da tre legali, gli avvocati Arcangeli, Vitale e Traldi.

Davanti ai funzionari, che lo hanno interrogato per diverse ore, il giovane ha ricostruito la storia della sua latitanza. Per quattordici mesi, ha raccontato, è stato costretto a vivere di espedienti accettando vari ed umili mestieri, costretto continuamente a nascondere la propria identità. Per questo motivo, conversando successivamente con alcuni cronisti, Fiorillo ha anche inviato le sue scuse ai datori di lavoro che inconsapevolmente lo aiutarono durante i mesi della lunga latitanza.

All’identificazione di quello che le cronache dell’epoca definirono il “killer dell’Olimpico”, si giunse in brevissimo tempo grazie alla testimonianza di alcuni spettatori. Tutto accadde pochi minuti prima dell’inizio della partita. Con l’aiuto di due compagni, Fiorillo sparò uno dei quattro razzi antigrandine che aveva portato con sé allo stadio. Ma quello che voleva essere un pur discutibile atto di tifoseria verso la propria squadra si risolse in un’irreparabile tragedia. Il razzo, micidiale e di dimensioni notevoli, si diresse verso la curva opposta, tradizionalmente occupata dai tifosi laziali, e colpi in pieno un giovane meccanico, Vincenzo Paparelli, di 38 anni, che quel giorno era andato allo stadio con la moglie.

Fu la stessa donna a soccorrere per prima il marito ma ormai non c’era più nulla da fare: il razzo lo aveva colpito in un occhio e nello scoppio gli aveva devastato il volto. L’arbitro D’Elia fu subito avvertito e — secondo quanto dichiarò in seguito — decise di far iniziare lo stesso l’incontro per evitare ulteriori incidenti.

Ignari e all’oscuro di tutto vennero invece tenuti i calciatori: solo alla fine dell’incontro qualcuno disse loro che un tifoso della Lazio era rimasto ucciso. La gara era terminata pari. Nei giorni seguenti l’incidente dell’Olimpico scatenò molte polemiche e ripropose in termini tragici il problema della violenza negli stadi. Sull’argomento vi fu anche una severa presa di posizione da parte delle autorità politiche: dal ministro dell’Interno, Rognoni, a quello del turismo, D’Arezzo: dell’episodio parlarono anche Evangelisti, Valitutti ed il sindaco di Roma, Petroselli. Le indagini portarono ai primi accertamenti. Pochi giorni dopo venne arrestato uno studente di 18 anni, Enrico Marcioni, con l’accusa di “concorso in omicidio”.

Con lui finì in carcere anche l’armiere che fornì i micidiali razzi. Dalle loro testimonianze la polizia risalì all’identificazione di Fiorillo, ma quando gli agenti si recarono nella sua abitazione di piazza Vittorio per arrestarlo, si accorsero che aveva fatto perdere le proprie tracce. Su di lui, in Questura, c’era però un fascicolo abbastanza consistente: nel settembre ’75 fu arrestato per furto aggravato, nell’ottobre ’76 fini in galera per scippo, nel maggio del ’79 fu fermato nei pressi di Milano mentre si trovava in compagnia di alcuni extraparlamentari di sinistra. Ora Giovanni Fiorillo dovrà rispondere dinanzi ai giudici di omicidio preterintenzionale.


Da La Repubblica del 29 ottobre 2001:

Il derby più bello. Quello che tutti hanno sempre sognato. Ebbene, ieri mattina, esattamente alle 10,30 allo stadio Olimpico, tutto questo è diventato realtà. Laziali e romanisti insieme per unico scopo: onorare la memoria e portare dentro con sé il ricordo di Vincenzo Paparelli.

Ventidue anni dopo la sua scomparsa è stata affissa una targa in curva Nord, lo stesso settore dove avvenne la tragedia del 28 ottobre 1979: “A Vincenzo Paparelli, al tuo fianco nel passato, nel presente per non dimenticare. La città di Roma alla famiglia e al popolo biancoceleste”, questo il messaggio dedicato al povero tifoso ucciso da un razzo sparato dalla Sud. Erano quasi tremila le persone presenti. Molti che all’epoca erano ragazzi e oggi sono diventati papà. E accanto a molti di loro proprio i bambini, a chiedere insistentemente cosa sia successo in quel pomeriggio di ventidue anni fa. Sono tutti in religioso silenzio prima di scoprire la targa, per poi applaudire e commuoversi quando il delegato allo sport del Comune di Roma Gianni Rivera insieme alla famiglia Paparelli solleva il velo bianco.

Qualcuno dice di non dimenticare mai, qualcun altro legge una lettera dedicata a Vincenzo Paparelli. Sopra la targa c’è uno striscione che dice: “Nel momento in cui prevalgono rispetto e coscienza”. Ma è stata anche l’occasione per manifestare il dissenso da parte dei tifosi per quello che è avvenuto la sera prima allo stadio. C’è un altro striscione ed è dedicato alle forze dell’ordine: “La vostra unica arma è la violenza”. Rivera prova a dire qualcosa in merito, ma viene fischiato. Il delegato allo sport del Comune, comunque, si è detto favorevole a ricevere gli ultrà per sentire le loro ragioni. Per questo, inoltre, verrà chiesta un interrogazione parlamentare. In più i tifosi biancocelesti in un comunicato chiedono alla società di “schierarsi fortemente al fianco della verità e del suo popolo, aiutandoci nella denuncia per efferatezze mai viste prima, se non al G8 di Genova”.



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