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BASTA!

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contestazione lotito

“Per perdere la faccia, bisogna averla una faccia”! Certe frasi, dette da persone a cui vuoi bene e che consideri sagge perché hanno dimostrato di esserlo con i fatti e non solo perché hanno i capelli bianchi, ti restano per sempre impresse nella mente. Qualcuno, qui, la faccia non ce l’hai mai avuta, quindi non l’ha persa con il caso Astori. Vale per Lotito, che due giorni fa parlava di “due colpi in canna” in difesa per zittire chi contesta e che è sceso in campo in prima persona per acquistare il difensore del Cagliari; vale per Igli Tare, uno che in questi anni si è distinti solo per le figure di m…a in serie collezionate presentando giocatori ridicoli come futuri fenomeni: “Alfaro è la spalla perfetta per Klose”, “vedrete chi sono  Vinicius e Pereirinha”, “Novaretti lo abbiamo strappato al Manchester City”, “Perea mi ricorda Cavani”, “Kakutà è fortissimo”, “Braafheid mi ha impressionato”… E potremmo andare avanti a lungo, perché si potrebbe scrivere un libro sulle perle collezionate da questo duo di comici che fa ridere solo chi odia la Lazio, romanisti in testa. Invece qui non c’è niente da ridere e il caso-Astori è solo l’ultima goccia che fa traboccare un vaso già stracolmo: da anni.

Hanno fatto di tutto negli ultimi tempi: ci hanno insultato e accusato di qualsiasi cosa, hanno calpestato in tutti i modi la gente, preso a calci gli ideali e mandato in frantumi i sogni, con l’arroganza di chi pensa e pretende di avere sempre ragione e non accetta la benché minima critica. Da mesi, protestiamo in modo civile e in tanti ci hanno accusato di fare il “male della Lazio” lasciando lo stadio vuoto, boicottando i prodotti ufficiali e nuova campagna abbonamenti e dando la disdetta alle piattaforme televisive. Noi siamo quelli “brutti, sporchi e cattivi”, ma hanno sbagliato per l’ennesima volta bersaglio, perché a fare il male della Lazio è chi guida la Lazio, chi ha trasformato questa società in una barzelletta, in un circo barnum in cui non ci sono neanche leoni e tigri, ma solo clown, nani e ballerini. Ma ora, è arrivato il momento di dire BASTA, il momento per tornare ad essere quelli che siamo sempre stati: i laziali che quando serve si armano di sciarpa e cappelletto e scendono in piazza. Lo abbiamo fatto negli anni Ottanta nelle estati calde degli scandali, lo abbiamo fatto negli anni Novanta per far saltare la cessione di Signori, lo abbiamo fatto nel 2000 per sventare l’ennesimo golpe con cui ci stavano soffiando il secondo scudetto consecutivo, lo abbiamo fatto nell’estate del 2004 per urlare a chi la stava portando verso il baratro che “la Lazio è nostra e guai a chi la tocca”. Lo abbiamo fatto a febbraio del 2005 su richiesta di questo personaggio per aiutare la Lazio ad ottenere una transazione con l’Erario fondamentale, visto che lui la società l’aveva presa senza avere i soldi per evitare il fallimento. Poi, siamo tornati in piazza la sera del 23 febbraio per urlare la nostra rabbia: un corteo di un paio di chilometri, ma con migliaia di laziali stretti uno al fianco dell’altro al grido di “Libera la Lazio”. E’ iniziata in quella freddissima serata la nostra “primavera laziale” e ora è arrivato il momento di scendere nuovamente in piazza, per dare voce e corpo ad una protesta globale, ad un malcontento che non è confinato all’interno di una Curva popolata da ladri, spacciatori, papponi e prostitute, ma che coinvolge chiunque abbia a cuore la Lazio.

Altro che seppellire l’ascia di guerra come chiede e pretende Lotito, è arrivato il momento di scendere sul campo e di dare battaglia, ma con l’intelligenza e la compostezza che ci hanno contraddistinto in questi 5 mesi di protesta veemente ma pacifica. Non c’è da mettere a ferro e fuoco una città, creare disordini o dar vita a scontri con le forze dell’ordine significherebbe servire su un vassoio d’argento a chi guida la Lazio e a chi ci in questi mesi ci ha puntato l’indice addosso la possibilità di urlare: “Lo avevamo detto che erano solo dei violenti”. Ecco, chi ha idea di fare qualcosa del genere, è meglio che se ne resti a casa. Deve essere una manifestazione popolare, una replica di quella marcia dei 30.000 del 2004 in cui c’era chiunque: dagli ultras di quel periodo a quelli degli anni settanta-ottanta, dai professionisti ai disoccupati, dai ragazzi ai genitori con tanto di figli al seguito con il passeggino. Perché siamo tornati ad essere un popolo, perché basta girare per la città per toccare con mano la realtà fatta di gente di qualsiasi età che è avvelenata con chi si è insediato alla guida della Lazio e si è autonominato imperatore a vita. No, qui l’Imperatore è stato uno solo, pur con tutti i difetti del Mondo e con gli errori che può aver commesso e che ancora paghiamo: e il suo nome è Sergio Cragnotti! Non sto qui a rimpiangere il passato, ma è giusto mettere i puntini sulle “i”, perché in troppi si sono allargati e si stanno allargando modificando a loro piacimento la storia, quando non arrivano a calpestarla del tutto. E l’unica possibilità che ha il popolo per farsi sentire in questi casi, è SCENDERE IN PIAZZA!

Lo sciopero lo stiamo già attuando, da mesi, ed in troppi hanno chiuso anche entrambi gli occhi pur di non vedere. Hanno provato a dirci che finita la stagione con la nuova sarebbe cambiato tutto, invece nulla è cambiato e se possibile le prese per i fondelli e le farse a cui siamo costretti ad assistere sono peggio di quelle già archiviate. E allora, non resta che scendere in piazza, che mostrare a tutti quanti siamo. Perché davanti a migliaia di laziali “incazzati” ma non violenti, non potranno più far finta di niente. Tutti dovranno decidere da che parte schierarsi, se da quella del popolo laziale o di chi tiene in ostaggio questa società minacciando di lasciarla in eredità al figlio. E dovranno farlo in modo netto, senza cerchiobottismi, senza gli equilibrismi tipici di chi da anni cerca di restare in equilibrio tra contestazione e nuove aperture di credito verso chi guida la Lazio. Se non lo avete capito bene, ve lo ripetiamo: O NOI, O LUI! Non è uno slogan, è una scelta di vita…

STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO



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