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Storia S.S. Lazio

L’analisi di D’Amico :” Con Lotito non abbiamo futuro “

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VINCENZO D'AMICOUna bandiera senza tempo, un laziale vero, un capitano senza macchia e senza peccato. Vincenzo D’Amico ha vinto uno scudetto, e ha salvato la sua Lazio dalla retrocessione in Serie C giocando sempre con orgoglio e dignità. Oggi uno degli opinionisti più quotati di Rai Sport, e continua a guardare la maglia coi colori del cielo con gli occhi dell’amore. Ma come tutti i laziali non vede futuro per questo club, nonostante il successo cristallino ottenuto in trasferta contro il Chievo. La cessione di Hernanes gli ha tolto gli ultimi dubbi – qualora ne avesse – su un progetto sempre più involuto che allontana la Lazio dai vertici della classifica. «Hanno scelto di cedere Hernanes nell’ultimo giorno di mercato per non correre il rischio di dover reinvestire i soldi della sua cessione – ammette senza troppe remore – una società che cede il giocatore più rappresentativo è una società che non ha margine di crescita».

In molti hanno paragonato le lacrime di Hernanes alle sue sotto la sede di via Col di Lana dopo la cessione al Torino. «Al di là del periodo, è una situazione differente. La Lazio era casa mia, la mia famiglia, era tutta la mia vita. Hernanes ha dimostrato di essere un ragazzo sensibile, attaccato a questi colori. Ma certamente andrà a stare meglio, sia dal punto di vista economico che professionale, andrà a giocare con una squadra ambiziosa. Lui ha fatto una scelta, legittima. Io non ho mai scelto, all’epoca furono gli altri a scegliere per me. Accettai di andare a Torino per il bene della Lazio, io non potevo sottrarmi, lui ha preferito scegliere una squadra ambiziosa con cui potrà vincere qualcosa di importante».

Le parole di Hernanes hanno girato il coltello nella piaga. «Sono parole che fotografano appieno la realtà delle cose, pronunciate da un calciatore che negli ultimi tre anni e mezzo ha vissuto da dentro la situazione, e quindi la conosce perfettamente. Quando dice che per la Lazio la massima ambizione è quella di poter vincere – forse – una Coppa Italia, dice la verità. La verità spesso fa male, ma è meglio una brutta verità che una bella bugia».

Ritiene più grave la cessione di Hernanes o il fatto che nessun giocatore voglia venire alla Lazio? «Il secondo aspetto è la naturale conseguenza dell’operazione di mercato. Ma oggi un buon giocatore per quale motivo dovrebbe scegliere la Lazio? Per sperare di vincere al massimo una Coppa Italia? O per strappare una qualificazione in Europa League dove puntualmente viene sbattuta fuori? I giocatori di altre squadre quando oggi sentono il nome della Lazio respingono le offerte al mittente a cuor leggero perché tutti hanno ormai capito che le nostre ambizioni si sono ridimensionate. Non voglio parlare dei tempi di Cragnotti, perché in quel periodo anche Pelè avrebbe fatto di tutto per mettersi addosso la nostra maglia, ma anche in passato, la Lazio è sempre stata un punto di arrivo. Oggi è un punto di partenza, tutti stanno con la valigia pronta perché se ne vogliono andare. Qui non ci sono prospettive».

Il quadro è preoccupante. «È desolante. Escludendo i giocatori veramente forti che sono al di fuori della portata di questa società, anche i calciatori con buone qualità evitano di legarsi alla Lazio perché qui l’ambizione più grande è quella di arrivare settimi in campionato. Hernanes è stato solo il primo a fare la valigia, temo che nei prossimi mesi se ne andranno anche altri pezzi importanti. Marchetti, Klose, Candreva per quale motivo dovrebbero rimanere alla Lazio? Se vogliono vincere qualcosa devono andare altrove. E giustamente andranno altrove. Non sono della Lazio, sono giocatori che pensano alla loro carriera più che alla Lazio. A fine campionato si guarderanno intorno, tireranno le somme, cercheranno altre soluzioni. La cessione di Hernanes non sarà passata inosservata, è un chiaro segnale di ridimensionamento anche per loro».

Deluso per la cessione di Hernanes? «Sei deluso se ti aspetti qualcosa, sinceramente io non mi aspetto niente da questi dirigenti, ormai ho capito come agiscono. Mi auspicavo che i soldi ottenuti dalla cessione di Hernanes potessero essere reinvestiti per acquistare un paio di elementi buoni, capaci di accrescere la qualità della squadra. Ma sapete tutti com’è andata».

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1 novembre 1997: quando la Lazio in dieci asfaltò la Roma

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ROMA – LAZIO – La Lazio per la prima volta sfida l’ex tecnico Zeman, passato in estate sulla panchina della Roma. Eriksson, sbarcato nella Capitale dalla Sampdoria, per il derby sceglie il classico 4-4-2 con la coppia Mancini e Casiraghi in avanti e il centrocampo composto da Fuser, Almeyda, Jugovic e Nedved. Avvio shock per i biancocelesti che già al 7’ rimangono in dieci per l’espulsione di Favalli: Collina, in maniera molto severa, punisce con il rosso l’entrata diretta del difensore su Tommasi. Eriksson risistema la squadra inserendo Negro al posto di Almeyda e chiedendo un sacrificio a Mancini sull’esterno sinistro. Dopo un primo tempo di sofferenza, in apertura di ripresa è proprio il numero 10 a sbloccare il match. L’ex capitano della Sampdoria parte dall’esterno e infilandosi tra Gomez e Servidei fa partire un destro che si infila sotto l’incrocio della porta difesa da Konsel. Passano soltanto dieci minuti e la Lazio raddoppia con un’altra perla: questa volta Mancini si trasforma in uomo assist e Casiraghi in spaccata trova una coordinazione perfetta per il 2-0. All’84’ è Nedved ad infilarsi nel cuore della difesa giallorossa, superando Konsel con un delizioso pallonetto. Il gol di Delvecchio al 91’ conta soltanto per le statistiche e al fischio finale è euforia biancoceleste. Una Lazio da 10, e lode.

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