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22/7/1927, il Generale Vaccaro evita la fusione

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VACCARO

di STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO

Se oggi a Roma ci sono due squadre di calcio, se la Lazio si chiama ancora Lazio e se esiste il derby, il merito è tutto del generale Giorgio Vaccaro, di quel suo NO alla fusione decisa nella primavera del 1927 da Benito Mussolini per creare un’unica grande squadra romana in grado di contrastare lo strapotere di Juventus, Torino, Bologna e Ambrosiana-Inter e che il 22 luglio del 1927 portò il federale Foschi a dar vita alla AS Roma.

Pur essendo nato ad Asti il 12 ottobre del 1892, Vaccaro si è sempre considerato romano di nascita, non di adozione. Dopo aver ottenuto una medaglia d’argento al valore per le sue imprese nella Prima Guerra Mondiale, Giorgio Vaccaro si iscrive al partito Nazionale Fascista e arriva a Roma nel 1922 al seguito di Benito Mussolini e si innamora subito della Lazio. Per la sua nota passione per lo sport, viene nominato Presidente della Federcalcio dal 1933 al 1939 e fino allo stesso anno è anche presidente del CONI.

Nonostante il grande potere di cui gode in campo sportivo, il suo rispetto per i valori della lealtà sportiva lo porta a recitare un ruolo marginale nella Lazio. Almeno fino alla primavera del 1927, quando Benito Mussolini decide che la Capitale deve avere una sola squadra e che questa si deve chiamare Associazione Sportiva Roma. Il Duce, incarica il Federale Italo Foschi di raggruppare tutte le realtà calcistiche romane sotto una sola bandiera, che deve avere i colori dell’Urbe, il giallo e il rosso.

La voce di questo progetto del partito Nazionale Fascista comincia a circolare in città, e quando nella sede della Lazio arriva il telegramma del Federale Foschi con l’ordine perentorio rivolto ai dirigenti della Lazio di presentarsi da lui nella sede del partito per importanti comunicazioni, Olindo Bitetti capisce immediatamente la gravità del momento. E’ il 25 giugno del 1927. Invece di recarsi dal Federale Foschi, Olindo Bitetti prende il telegramma con la convocazione e va a Via Magnanapoli, nella caserma della milizia, a trovare il suo amico Giorgio Vaccaro per chiedere aiuto e per scongiurare una fusione che avrebbe messo fine alla storia della Lazio, siamo come società di calcio che come Polisportiva. “Siamo fregati”. Dice Bitetti sventolando il telegramma, “Foschi vuole assorbire anche la Lazio con tutte le altre squadre della città per dar vita alla Roma. Guardi ho la convocazione in mano questa è una truffa”.

Vaccaro prende la convocazione e legge le parole di Foschi: “Il presidente della Lazio è pregato di presentarsi nella sede del partito entro due giorni dalla data della presente per comunicazioni urgenti”. Bitetti è fuori dalla grazia di Dio e cammina nervosamente nella grande stanza mentre il generale legge e rilegge la convocazione e riflette su cosa fare, perché due giorni sono pochi per mettere su una strategia. Vaccaro ha capito che il vero scopo di Foschi non è la fusione, ma cancellare la Lazio per mettere le mani sullo stadio della Rondinella, l’unico impianto di Roma in grado di ospitare una grande squadra di calcio. In pochi minuti, il generale partorisce il piano di difesa e dice cin tono perentorio a Bitetti: “Vai dai soci e convoca immediatamente una riunione straordinaria. Nominate presidente il Generale di Cavalleria Varini e me vice-presidente, così saremo noi e non voi ad andare dal Federale Italo Foschi”.

La mossa del generale Vaccaro, si rivela azzeccata. Il Federale Foschi, convinto di ritrovarsi dall’altra parte del tavolo Bitetti e un paio di dirigenti, resta spiazzato quando vede comparire nel suo ufficio due generali. All’inizio, però, non si fa intimidire e con tono perentorio illustra il piano del Partito, che non ammette né discussioni né alcun tipo di deroga: “Il Duce ha deciso che la squadra che nascerà dalla fusione di tutte le società di calcio della Capitale si chiamerà Associazione Sportiva Roma e  i colori saranno quelli dell’urbe: il giallo ed il rosso. Ed il campo di gioco sarà quello della Rondinella”.

Il generale Vaccaro ascolta impassibile e mentre il Federale Foschi parla capisce che la sua intuizione è giusta. In programma non c’è nessuna fusione, a Foschi non interessano i giocatori della Lazio, ma solo il campo di calcio della Rondinella, perché nessuna delle altre società romane ha uno stadio degno di questo nome. Quando Foschi finisce di illustrare il suo piano, il generale Vaccaro, con il sorriso sulle labbra ma con tono serio e perentorio, replica: “Mio caro Foschi, la Lazio è Ente Morale dal 1921 per Regio Decreto, con una sua storia carica di gloria alle spalle, quindi non può certo scomparire e non credo che il Duce voglia questo. Se proprio vogliamo creare una nuova società a Roma raggruppando tutte le realtà cittadine, ben venga, ma il suo nome deve essere Lazio, i colori devono essere il bianco e celeste, ed il campo quello della Rondinella. E comunque, se proprio vogliamo far nascere una seconda squadra che si chiami Associazione Sportiva Roma come vuole il Duce, la cosa è fattibile. In questa città c’è spazio per due grandi squadre e una sana rivalità sportiva potrebbe essere un bene per migliorare la competitività del calcio della Capitale”.

Mentre Giorgio Vaccaro parla, il generale Varini al suo fianco annuisce. Il Federale Foschi, capisce che non c’è margine per una trattativa e che non può neanche arrivare ad uno scontro frontale con il massimo esponente in campo sportivo del Partito Nazionale Fascista e con un generale rispettato come Varini. Il progetto-fusione che doveva portare alla sparizione della Lazio, quindi, grazie all’intuizione e all’abilità del generale Vaccaro naufraga. Ma il Federale Foschi va avanti con il suo piano e il 22 luglio del 1927, dalla fusione di S.S. Alba, S.G.S. Fortitudo, S.S. Pro Roma, Roman F.C. e C.S. Audace nasce l’Associazione Sportiva Roma. Quando la nuova Roma nasce, la Lazio si sta già allenando in vista della nuova stagione sul campo della Rondinella sotto gli occhi compiaciuti di Olindo Bitetti e del generale Giorgio Vaccaro.

Vaccaro torna a fare lo spettatore delle vicende laziali, fino al 24 maggio del 1931. Nei due derby della stagione precedente, i primi della storia, la Lazio ha rimediato due sconfitte. Nella stracittadina del girone d’andata, con Benito Mussolini seduto in tribuna, la Lazio è andata a pareggiare per 1-1 sul campo di Testaccio, raggiunta nel finale da un gol di Volk. Quella del 24 maggio, quindi, è una sfida attesissima, con la Lazio decisa a infrangere il tabù e a conquistare il primo successo nel derby. Mentre le squadre si danno battaglia sul rettangolo di gioco dello stadio della Rondinella, ribattezzato Stadio del Partito Nazionale Fascista (l’attuale stadio Flaminio), il generale Vaccaro abbandona il suo posto in tribuna e passeggia nervosamente a bordo campo. La Lazio passa in vantaggio dopo appena un quarto d’ora con Pastore e Sclavi tira giù la saracinesca, parando di tutto. Il portierone laziale è costretto a capitolare al 47’, ancora una volta davanti a Volk, al quarto centro in altrettanti derby. Ma la reazione della Lazio è furibonda e dopo appena due minuti è Fantoni I a riportare nuovamente in vantaggio la squadra di Molnar. La tensione è palpabile, l’arbitro Gama riesce a fatica a tenere in mano le redini dell’incontro. A tre minuti dal termine, quando la vittoria sembra a portata di mano, la Roma pareggia con il terzino Bodini II. Subito dopo,la palla finisce fuori dal rettangolo di gioco, proprio davanti al generale Vaccaro che segue la gara da fondo campo. Il romanista De Micheli cerca di prendere il pallone per accelerare i tempi della rimessa laterale ma Vaccaro, ancora infuriato per il pareggio della Roma, dà un calcio al pallone scagliandolo lontano. A questo punto il giocatore giallorosso si avventa verso il generale e lo schiaffeggia. Vaccaro reagisce rifilando un violento ceffone a De Micheli che cade a terra e da quel parapiglia nasce una gigantesca rissa che coinvolge tutti i giocatori in campo. L’arbitro Gama prova a placare gli animi, ma inutilmente, e prima che la situazione degeneri fischia con anticipo la fine della partita. Ma quando sembra che gli animi si siano calmati, alcuni giocatori della Roma si avventano nuovamente contro il generale Vaccaro, protetto da Sclavi e da tutti i giocatori della Lazio. E’ la scintilla che fa scoppiare una battaglia in campo che coinvolge giocatori e dirigenti delle due squadre e che si estende sugli spalti, dove i tifosi delle due squadre se ne danno di santa ragione. Devono intervenire addirittura i carabinieri a cavallo e solo dopo alcune violente cariche la situazione viene riportata a fatica alla normalità. A terra, resta l’autore del gol della Lazio, Fantoni II, che aggredito alle spalle e colpito alla testa da alcuni giocatori della Roma viene ricoverato in ospedale con una commozione cerebrale. Il giudice sportivo, omologa il risultato di 2-2, ma squalifica sia il campo della Roma che quello della Lazio e infligge pesantissime squalifiche a quattro giocatori della Roma per l’aggressione a Fantoni II. Per Vaccaro, invece, nessuna sanzione… e quando il 23 ottobre del 1932 le due squadre tornano ad affrontarsi allo Stadio del Partito Nazionale Fascista, il generale si accomoda in tribuna per assistere alla prima vittoria della Lazio nel derby. Finisce 2-1, con gol di De Maria e Castelli, detto “ratto”, mentre per la Roma segna il solito Volk. Sono i tempi della “brasilazio” (sono addirittura 10 gli oriundi brasiliani ingaggiati dalla società) che per ironia della sorte gioca con una maglia a strisce verticali biance e celesti che ricorda quella dell’Argentina. Ma questa, è un’altra storia…

 



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