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Primavera

VI MERITATE LO STADIO VUOTO !

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OLIMPICO VUOTO
Prima la minaccia, quella di far giocare per la prima volta nella storia il derby lontano da Roma in caso di incidenti nella stracittadina del 22 settembre. E il derby di ritorno, guarda caso, lo gioca in casa la Lazio e non si capisce perché un tifoso laziale (magari pure abbonato) che domenica non va a vedere Roma-Lazio dovrebbe essere penalizzato perché le forze dell’ordine non sono in grado di controllare l’ordine pubblico. Poi la gaffe di Marino, che si è fatto fotografare con le sciarpe della Roma e della Lazio per dare un segno di imparzialità, senza rendersi conto che al collo non metteva dei prodotti ufficiali, ma materiale contraffatto, come i prodotti che i suoi vigili urbani sequestrano ogni giorno rincorrendo “vu cumprà” che vendono borse e portafogli fintamente griffati. Il tutto, nel silenzio assoluto di Roma e Lazio, che si lamentano perché non riescono ad aumentare i ricavi (lo ha fatto Lotito in questi giorni per giustificare i mancati investimenti sul mercato…) e a sfruttare l’immenso potenziale dei loro marchi, ma poi restano in silenzio davanti alla foto di un sindaco che si fa fotografare con due sciarpe taroccate. Dopo il solito balletto su data e orario della partita iniziato immancabilmente pochi minuti dopo l’uscita del calendario, pensavamo di aver visto e sentito già abbastanza, invece il prefetto aveva in serbo un’altra “chicca”, una di quelle che lasciano veramente senza fiato. Anzi, senza parole.

Coreografia della Lazio vietata perché l’immagine rappresenta uno sfottò inaccettabile visto che rappresenta il successo in Coppa Italia del 26 maggio. La scusa ufficiale per vietare il tutto, l’uso di palloncini gonfiati ad elio che rappresenta un potenziale pericolo per gli spettatori… Stiamo parlando degli stessi palloncini usati (perché autorizzati dalla Questura) in decine di altre coreografie, quelli che i genitori regalano ai bambini, che vengono usati nelle feste o da tante aziende per pubblicizzare prodotti. Se fosse febbraio, lo si potrebbe considerare uno scherzo di Carnevale, invece siamo a settembre ed è tutto tristemente vero.

Sono anni che per mascherare la propria impotenza davanti al problema della violenza o la propria incapacità nel prevenire o debellare il fenomeno, chi dovrebbe gestire l’ordine pubblico (su imput del governo politico e con la complicità di quello calcistico) vieta tutto, nel tentativo di trasformare gli stadi in teatri, con gli spettatori composti e silenziosi, autorizzati ad applaudire tra un cambio di scena e l’altro per non disturbare gli attori e che al massimo fischiano quando cala il sipario. Ma una partita di calcio non può essere paragonata ad una rappresentazione di Pirandello, così come uno stadio non può diventare un teatro, perché lo spettacolo che va in scena suscita da sempre sensazioni diverse in chi va ad assistere all’evento. Si chiamano EMOZIONI. E sono da sempre l’humus che ha consentito al calcio di crescere e prosperare in questi due secoli. Senza quelle, non esisterebbe il calcio. Senza gli sfottò che sono da 86 anni il sale e il pepe della rivalità cittadina, non ha più senso parlare di derby.

In realtà il derby, quello vero, è morto da tanti anni, a causa di tutti i divieti imposti e dei balletti sulla data e sull’orario in cui si deve giocare la partita che precedono ogni stracittadina. Il derby che si viveva in modo viscerale con gli spalti che si riempivano alle 10 di mattina, 5 ore prima dell’inizio della partita, è solo un vago ricordo e Lulic il 26 maggio gli ha dato solo il colpo di grazia. E ora dovrebbero essere i tifosi a seppellirlo definitivamente, con un gesto di ribellione vera e non violenta, talmente clamoroso da “sputtanare” in tutto il mondo chi non fa parte del mondo del calcio ma che usa il calcio come una vetrina. Vietare una coreografia che ricorda una vittoria, perché quell’immagine che rievoca il 26 maggio potrebbe essere “offensiva” per i tifosi della Roma e quindi provocatoria, non è un gesto per pacificare gli animi o per spegnere eventuali focolai, significa essere degli incapaci e non aver capito assolutamente nulla del significato del derby. Significa gettare benzina sul fuoco e quindi provocare una reazione, significa in un certo senso offendere anche gli stessi tifosi della Roma, curati e protetti dal Pecoraro come quei bambini a cui certi genitori apprensivi mettono anche giubbotto e sciarpa a settembre come la temperatura scende di qualche grado. Loro pensano di proteggerli, invece travestendoli come omini della Michelin li rendono ridicoli agli occhi dei coetanei, e così facendo servono su un vassoio d’argento a certi compagni di scuola la possibilità di prenderli maggiormente per i fondelli, trattandoli da veri e propri soggetti. Se avesse un minimo di coerenza e le “palle” per imporsi e perseguire fino in fondo il suo obiettivo di svuotare il derby di ogni significato, usando lo stesso metro usato con i tifosi Pecoraro dovrebbe impedire alla Lazio di giocare con la maglia ufficiale di questa stagione, quella con la coccarda tricolore. Perché quel cerchietto bianco, rosso e verde è il simbolo ufficiale del risultato del 26 maggio e vederlo per 90 minuti sulle maglie dei giocatori della Lazio potrebbe urtare la suscettibilità dei romanisti che guardano la partita in tv e soprattutto di quelli prese all’Olimpico. E dovrebbe far arrestare il flagranza di reato quel giocatore laziale che decidesse di mostrarlo a Totti o a De Rossi. Dovrebbe, Pecoraro, tramite la Lega Calcio, imporre alla Lazio di non schierare Senad Lulic, perché dal 26 maggio è diventato il simbolo di quella vittoria come testimoniano le migliaia di scritte sui muri di Roma. E quindi la sua presenza in campo potrebbe essere altrettanto offensiva e più pericolosa di una coreografia. Ed infine, dovrebbe imporre alla Roma di spegnere anche i due orologi che a bordo campo scandiscono il tempo di gioco, perché il boato dei tifosi della Lazio al 26’ minuto del secondo tempo di ogni partita per rievocare quel minuto 71 in cui si è deciso il derby di Coppa Italia potrebbe essere una provocazione inaccettabile per i tifosi della Roma, indipendentemente dal risultato che matura sul campo.

Ma siccome tutto questo è ridicolo (però né più né meno del “niet” imposto alla coreografia) non succederà. E allora, come detto prima, dovrebbero essere i tifosi a fare qualcosa di più clamoroso. Dovrebbero lasciare vuoto lo stadio, strappare per protesta i biglietti comprati e restare a casa. Sarebbe un gesto di ribellione vero ad un sistema cieco, sordo e per giunta incapace, che per gestire l’ordine si limita solo a vietare. Dovrebbero farlo quelli della Lazio lasciando la Nord vuota, ma dovrebbero unirsi alla protesta anche quelli della Roma, perché con quel divieto lo schiaffo Pecoraro non lo ha dato solo a chi è di fede laziale, ma al derby e a tutti i romani. Perché se dopo aver vietato gli striscioni, al derby gli togli pure la coreografia e magari anche i cori, cosa resta di quella che una volta era considerata la “partita delle partite” del calcio italiano, quella su cui tutto il mondo punta da sempre gli occhi forse più che sulla sfida tra Inter e Juventus a causa della rivalità storica e universalmente nota tra Roma e Lazio? Non resta nulla, come nulla resta di un calcio italiano che a causa dei divieti, dei tornelli che fanno somigliare gli stadi a lager e dei mille paletti imposti è diventato solo uno spettacolo televisivo, con gli spalti sempre più deserti e con i registi televisivi costretti ad alzare al massimo gli effetti di fondo per dare una parvenza di calore a sfide oramai senza pathos o quasi.

Qualcuno, anche tra i capo tifosi, ha già deciso di disertarlo questi derby e lo ha annunciato. Altri hanno strappato il biglietto o minacciano di farlo. E allora svuotiamolo questo benedetto stadio, diamolo tutti insieme questo schiaffo a chi ha deciso di uccidere questo derby più di quanto non abbia fatto Senad Lulic il 26 maggio con quel suo gol al 71’. Se questo è il calcio che vogliono, senza colori e senza emozioni, se lo tenessero: per noi il calcio è ed è sempre stato altro. E se non possiamo avere l’originale, non sappiamo che farcene di un surrogato, di un qualcosa di taroccato come le sciarpe indossate dal sindaco Marino…

STEFANO GRECO



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