“Con il presidente Andrea Agnelli e con l’avvocato Michele Briamonte non c’è stata alcuna lite. Anzi, i rapporti continuano a essere ottimi. Abbiamo combattuto insieme la battaglia del contratto e andiamo sempre d’accordo, adesso abbiamo soltanto una posizione diversa. Ma troveremo una strada che accontenti tutti. Il presidente della Juve è una persona per bene e corretta. Vive 24 ore al giorno per la Juventus. Con lui il dialogo è ottimo. Come me, pensa che si possano ottenere risultati al di là delle risorse economiche. E’ giovane, ha idee nuove ed è attento al cambiamento. Entrambi abbiamo voglia di cambiare il sistema. Se gli invidio lo stadio? No, il loro è bello ma il mio progetto è diverso”.
Viene da sorridere a rileggere a distanza di 25 mesi le dichiarazioni di Lotito su Agnelli e sulla loro grande amicizia dichiarata al mondo intero, ma solo dal presidente della Lazio. Sì, perché quello della Juventus non ha mai detto di essere amico di Lotito, anzi. E infatti, i “buoni amici” possono discutere, anche litigare, ma non danno vita ad una “guerra tra arroganti” come quella che sta andando in scena da un mese a questa parte e che ha avuto come epilogo la quasi rissa di ieri, con scambi di accuse e comunicati durissimi, ai limiti della querela. Il tutto, a causa di una partita di calcio, la finale di Supercoppa in programma ad agosto. O meglio, il tutto per una manciata di soldi, perché alla base di tutto questo casino ci sono solo ed esclusivamente i soldi. Quelli di cui Lotito ha un disperato bisogno a causa di un bilancio sempre più in rosso, quelli di cui la Juventus può fare anche a meno pur di non complicarsi la vita e la preparazione, con un programma messo su con grande arroganza e senza tener conto delle regole e degli impegni che deve rispettare chi porta lo scudetto sul petto.
Tra l’arroganza di Lotito e quella di una famiglia che da sempre si considera “padrona” o quasi del Paese, è difficile scegliere. Forse per stabilire da che parte schierarsi affideremmo la decisione alla sorte buttando una monetina per aria, ma non è neanche da escludere che la monetina poi non si possa rifiutare di scendere per evitare di dover dare ragione ad uno invece che all’altro. Battute a parte, se proprio si deve dare ragione a qualcuno, dimenticando l’ennesimo spettacolo penoso che sta andando in scena, questa volta in linea di principio ha ragione Lotito. A decidere dove e quando si gioca non può essere la Juventus, è la Lega Calcio, ovvero chi organizza la manifestazione. La Juventus si è organizzata il suo tour negli Stati Uniti prima di conoscere il nome dell’avversario e fregandosene completamente del fatto che c’era una data fissata e che sul tavolo c’era anche un contratto firmato dalla Lega Calcio per giocare a Pechino, perché per accordi stabiliti anni fa bisogna disputare entro agosto 2014 un’altra finale di Supercoppa a Pechino. Ed è proprio su questo lasso temporale che si sta giocando la partita. O meglio, la guerra tra Lotito e la famiglia Agnelli, con Beretta che gioca a fare per l’ennesima volta il pesce in barile, a dimostrazione che lui è presidente della Lega solo sul bigliettino da visita e soltanto per incassare a fine mese il suo stipendio da 25.000 euro, da aggiungere a quello che incassa come manager di Unicredit.
Lotito sostiene che la Lega ha firmato un contratto per giocare la finale di quest’anno a Pechino, quella che mette sul tavolo circa 3,3 milioni di euro da dividere tra le due squadra (più 300.000 euro per la Lega), più diritti tv e altri benefit che rendono ricchissimo il piatto. E visto che Lotito ha bisogno di soldi, si è impuntato e per accettare una sede e una data diversa, vuole per la Lazio gli stessi soldi che garantiti dagli organizzatori cinesi. La Juventus, sostiene che non c’è nessun contratto scritto che obbliga le due squadre a giocare quest’anno a Pechino, ma solo un contratto che stabilisce che bisogna giocare una finale in Cina entro il 2014 (ed è così…), quindi che si può giocare anche in altra sede e in altra data, in modo da incassare sia il ricco ingaggio strappato per il tour negli Stati Uniti che quello garantito dalla finale di Supercoppa. E la Lazio, che fedele alla data fissata per la sfida a Pechino aveva rinunciato ad un altrettanto ricco tour in Sudamerica (1,8 milioni di euro garantiti…), non ci sta.
Lotito quindi ha ragione ad essere arrabbiato e la Juventus da un punto di vista strettamente legale e contrattuale ha altrettanto ragione a puntare i piedi, ma tra gentleman e soprattutto tra “amici”, un accordo si trova. Se invece da entrambe le parti si agisce in modo a dir poco “arrogante”, facendo pesare da una parte il potere di chiamarsi Agnelli e dall’altra il fatto di essere i veri gestori della Lega Calcio, lo scontro è inevitabile. E la rissa rischia di degenerare in una guerra di carte bollate, come preannunciano il durissimo comunicato di ieri della Juventus e la risposta a tarda notte della Lazio.
“Fin dalla conquista della Coppa Italia in data 26 maggio, il Consigliere Federale e Presidente della S.S.Lazio, Claudio Lotito si è abbandonato ad affermazioni che sono progressivamente diventate offensive, inaccettabili e spesso contrarie al vero.Egli ignora evidentemente che la conquista di tale trofeo fa sorgere in capo alla S.S.Lazio il diritto a disputare la Supercoppa, ma non il diritto ad incassare una somma garantita. Juventus Football Club ha sempre rispettato i regolamenti e le decisioni della Lega Calcio ed ha manifestato a quest’ultima, tramite lettera agli atti, datata 8 marzo 2013, la propria indisponibilità a disputare la gara di Supercoppa all’estero. Nelle successive Assemblee il tema della Supercoppa è spesso stato all’ordine del giorno ma non è mai stato discusso né tantomeno è stata assunta alcuna delibera al riguardo. Per mesi gli organi della Lega Calcio hanno ignorato la sopra citata posizione della Juventus e da qualche giorno stanno tollerando comportamenti e parole inaccettabili per la vita associativa, oltre che lesivi per la Società”.
“La S.S.Lazio S.p.A. respinge le affermazioni della Juventus, destituite di ogni fondamento, circa la verità delle dichiarazioni del Presidente Lotito. Che la finale della Supercoppa dovesse essere disputata a Pechino lo si sa da mesi, per avere la LNPA sottoscritto un contratto approvato dai club che ne fanno parte; la data è stata confermata in sede di Consiglio di Lega, come dimostrano i verbali; la Lazio si è dichiarata disponibile e trovare altre soluzioni purché concordate, nel rispetto degli impegni assunti ed alla importanza dell’evento, ma la Juventus pretende di imporre le sue decisioni e questo non è accettabile, soprattutto laddove procurano gravi conseguenze economiche. L’incontro è organizzato dalla Lega, associazione di 20 club, e le decisioni vengono prese a maggioranza dei club e non da chi pretende, a torto, di imporle agli altri”.
Lo ripeto. Se devo scegliere con chi stare, stavolta sto dalla parte di Lotito, ma solo perché questo significa stare dalla parte della Lazio e tutelare gli interessi della Lazio. Quello che mi da fastidio e che da sempre mi rende inaccettabile la presenza di un simile personaggio alla guida della Lazio, è il modo di fare di Lotito, l’arroganza con cui affronta qualsiasi argomento, qualsiasi situazione e qualunque interlocutore, come se lui fosse l’imperatore del mondo e gli altri un branco di scemi. Il suo voler fare a pugni sempre con il mondo intero, il suo voler dimostrare di averlo “più duro e più lungo di chiunque altro”, come un ragazzino che gira per la scuola con il righello in tasca per fare a gara di misure con tutti i compagni. E se è inaccettabile per uno come me che non conta nulla, figuriamoci per uno che si chiama Agnelli e che è cresciuto nell’arroganza tipica di una famiglia che da sempre si considera padrona o quasi dell’Italia. Quello che mi manda in bestia è che Lotito con quel modo di fare finisce con il passare dalla parte del torto anche quando ha ragione, come in questa occasione. Perché a lui non interessa trovare un accordo che accontenti tutti, lui è da sempre abituato ad imporre sempre e comunque la sua linea, giusta e sbagliata che sia. Così come non scende a compromessi con Diakité e Cavanda, mettendo i suoi interessi personali e la tutela della sua immagine di uomo forte davanti al bene economico della società, allo stesso modo lo fa con Agnelli, portando la Lazio ad uno scontro frontale con la Juventus nel quale la società ha tutto da perdere, sia per il differente peso politico che economico tra i due club.
E se tu fai la guerra a tutti, poi non c’è da stupirsi se non riesci a fare mercato in Italia, se non riesci a comprare o a piazzare un solo giocatore in esubero. Perché le pubbliche relazioni sono indispensabili nel mondo del business, soprattutto nel mondo del calcio in cui una mano lava l’altra e gli scambi di favore tra amici sono all’ordine del giorno. E non è un caso se da anni noi i giocatori riusciamo a prenderli solo dal Genoa, dall’unico “amico” di Lotito.
STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO
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