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L’ex Gregucci: “Dispiace per Pioli, è il meno responsabile. Serve un grande senso di appartenenza”

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A commentare ed analizzare la situazione della squadra biancoceleste è Angelo Gregucci, ex difensore della Lazio e attuale tecnico dell’ Alessandria, il quale è intervenuto oggi ai microfoni di Radiosei:

“Domenica sono crollati tutti gli ideali, lo stadio era di una tristezza incommensurabile. I ragazzi hanno mille ragioni per non andare, ma non è più lo stesso derby. Quello fatto di tante aspettative, emotività, colori. Si poteva fare meglio, anche se il divario c’è. La Lazio ha provato a reagire, ma queste sfide sono fatte di episodi. Non avendolo visto, sono veramente distante dalle analisi sulla partita. Ci si aspettava però una prova gagliarda.” L’ex difensore della Lazio non ci sta, non ritiene giusto che a rimetterci sia il suo collega: “Ora paga l’allenatore che è il meno responsabile. È mancato tuttavia anche quell’elemento da cui trarre il senso di appartenenza, da cui far derivare tutto. Parlo di un riferimento forte, nato in caso che possa contaminare gli altri. Serviva infatti giocare una partita minore a livello tecnico, ma diversa sul piano agonistico. Mi dispiace per Pioli, anche se qualcosa ha sbagliato. L’anno scorso ha fatto giocare alla sua squadra un calcio moderno che non vedevamo da quindici anni con grandi soluzioni di gioco, gli avversari venivano asfaltati. Si era creata un’onda da cavalcare, un apice di entusiasmo di cui ha gran merito proprio l’allenatore. Questa stagione è nata invece con grande pessimismo, l’estate quell’onda l’ha azzerato. Anche contro il Leverkusen, che non dominava affatto il calcio tedesco, si poteva fare di più, ma il movimento calcio italiano parte sempre in ritardo. La logica non può fare a pugni con la ragione. La linea di difesa era a metà campo, l’allenatore non può essere cambiato così in un anno. L’assenza di De Vrij certamente ha pesato molto”.

Poi su i veri responsabili di quanto accaduto:  “La vittoria ha mille padri, la sconfitta è orfana. Bisognava rischiare, puntando su un fuoriclasse da compensare poi con l’accesso ai gironi di Champions League. Io con Lotito ho anche lavorato e ho stima di lui, lavora ininterrottamente. Bisogna programmare con logica, a partire dal senso di appartenenza. L’importante è crescere uno zoccolo duro in casa. Il problema principale è il disinnamoramento. Come nel caso del Manchester United, bisogna partire dai giovani del Settore Giovanile. La Lazio ha ottenuto grandi risultati e dovrebbe avere i migliori giovani del panorama italiano, ma non è così. In definitiva sono tutti responsabili, non ci sono percentuali di colpe. Lo siamo anche noi, bisogna andare allo stadio”.

Infine su Lotito:  “Lotito passerà come tutti, ma bisogna andare allo stadio come tutti. Serve un grande senso di appartenenza. Ci dimentichiamo che meno di un anno fa migliaia di tifosi erano a Formello. Alcuni contenuti di Lotito vanno bene, altri no. Si sono raggiunti comunque due preliminari di Champions League in una storia come quella laziale fatta di poche partecipazioni. Una storia piuttosto di contenuto e sentimento. Resta l’errore in alcuni tipi di programmazione, il settore giovanile della Lazio non porta giocatori alla prima squadra. Bisogna cambiare il modo di valutare il calcio: senza soldi vanno valutate soluzioni alternative”.

 



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