Quando l’hanno visto per la prima volta, i tifosi dell’Anderlecht non hanno avuto dubbi: “Il suo soprannome sarà el Principito“. Di Lucas Biglia li colpì subito l’eleganza in campo, i movimenti felpati. Ma soprattutto la somiglianza con Franky Vercauteren, bandiera del club belga a cavallo tra anni ’70 e ’80. Che come appellativo aveva appunto quello di Piccolo Principe. E’ una solo una delle tante curiosità che il centrocampista biancoceleste rivela alla Tribù del Calcio, nell’intervista concessa a Marco Piccari e che andrà in onda domani venerdì 16 maggio alle ore 23(Premium Calcio, canale 370 digitale; repliche sabato 17 maggio ore 19 su Italia2 e lunedì 19 maggio su TgCom24). Per esempio, sapete chi l’ha spinto a sbarcare nella Capitale? “E’ stato Castroman a consigliarmi di venire alla Lazio – svela il nazionale argentino – raccontandomi la rete nel derby del 2001. Mi disse: ‘Lì troverai l’ambiente giusto!'”.
Firmerebbe subito per segnare un gol simile alla Roma, respirare a pieni polmoni il boato del pubblico: “Io voglio giocare sempre con lo stadio pieno, i tifosi sono il dodicesimo hombre in campo“.
E’ ambizioso Biglia, in Belgio è stato abituato a vincere: “Vengo da una squadra dove ho sempre lottato per il titolo, per questo il mio sogno è vincere lo scudetto con la Lazio“.
Quest’estate intanto proverà a laurearsi campione del Mondo con la sua Argentina, trainata da un fenomeno assoluto come Lionel Messi: “Giocare con lui per noi centrocampisti è troppo facile, basta recuperare il pallone e passarlo a lui“, ammette sorridendo.
Da un campione a un altro, Biglia indica il suo modello di riferimento: “Il mio idolo è Pirlo, fin dai tempi dell’Inter. Di lui mi piace tutto, la tranquillità nel giocare il pallone, la qualità e sua freddezza nel tentare ogni giocata“.
Con il regista azzurro magari si sfiderà in Brasile, cosa che non potrà fare con il grande escluso Kakà: “Non vedere una stella come lui al Mondiale è strano, ma queste sono scelte che competono al tecnico”.
E’ un Biglia a tutto campo quello che si racconta alla Tribù del Calcio, non risparmia anche passaggi delicati sulla sua vita: “Nel giugno del 2009 ho vissuto il momento più difficile della mia carriera e della mia vita. A causa della morte di mio padre, volevo lasciare il calcio. Ancora oggi soffro per il fatto che lui non ha potuto vivere con me le gioie della nazionale e della nascita dei miei figli“. Per questo va a caccia di altre vittorie, da dedicare a chi da bambino lo ha fatto innamorare del calcio e adesso lo segue passo dopo passo dall’alto.
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