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Lazio 1974, il racconto di Gigi Martini: “Luciano Re Cecconi non avrebbe mai detto ‘questa è una rapina’”

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Gigi Martini

C’è una generazione di laziali che porta nel cuore lo scudetto del 1974 e i suoi protagonisti, uomini che hanno scritto una pagina indimenticabile di calcio e di vita. Tra loro Gigi Martini, terzino di quella Lazio “bella e dannata”, che ha raccontato in una lunga intervista i suoi ricordi, il legame con l’indimenticato Luciano Re Cecconi e le tante vite vissute dopo il calcio, da pilota di Alitalia fino alla politica.

Una Lazio leggendaria e maledetta

Martini arrivò a Roma nel 1971, a soli 22 anni, dopo aver iniziato nella Lucchese. In biancoceleste visse otto stagioni intense, culminate con lo scudetto del 1974. Una squadra unica e spigolosa: “Eravamo forti e fragili, uniti e divisi. Immortali e maledetti”, racconta. Quel gruppo viveva tra rivalità interne, spogliatoi separati, allenamenti durissimi e la costante presenza di Tommaso Maestrelli, il tecnico che seppe trasformare quelle tensioni in energia vincente. “Un uomo immenso e buono – ricorda Martini – lo definirei un comunicatore evangelico. La sua immagine che porto nel cuore è la domenica dello scudetto contro il Foggia: piangeva tutte le lacrime che ci sono state e quelle che verranno”.

Re Cecconi, l’amico e la tragedia

Il ricordo più doloroso riguarda l’amico Luciano Re Cecconi, ucciso a soli 29 anni in una gioielleria romana il 18 gennaio 1977. Martini rifiuta la versione dello “scherzo finito male”:
“Luciano non avrebbe mai detto ‘questa è una rapina’. Ho letto gli atti: nessun testimone lo ha sentito pronunciare quella frase. Sono convinto che sia partito un colpo accidentale. Il gioielliere aveva paura, impugnava una pistola con il cane sensibilizzato e gli è partito il colpo. Luciano è ancora oggi l’ombra che mi cammina accanto”.

La seconda vita: dai cieli allo sport

Abbandonato il calcio prima dei trent’anni, Martini rifiutò persino un’offerta di Liedholm per giocare nella Roma. Scelse di partire per gli Stati Uniti, tra Chicago e Toronto, e poi di intraprendere la carriera di pilota per Alitalia: “Ho totalizzato oltre 26mila ore di volo. La vita in cielo è stata un’avventura continua, tra emergenze e aneddoti incredibili, come quando un passeggero tentò di dirottare l’aereo a Ciampino. Fingendo di obbedire, atterrai invece a Fiumicino, dove la Digos lo arrestò”.

Una vita oltre il calcio

Non solo pallone e aeroplani. Martini ha vissuto mille esperienze: dieci anni in Parlamento con Alleanza Nazionale, la presidenza di Enav, le traversate in barca a vela tra tempeste e oceani, i viaggi in moto nel deserto del Sahara. “Oggi vado ancora per mare – dice – non c’è momento più bello di quando il vento gonfia le vele e pretendo il silenzio, per ascoltare solo il suono del mondo”.

Un’eredità che resta

Il racconto di Gigi Martini ci restituisce l’immagine di una Lazio irripetibile, capace di vincere lo scudetto tra rivalità interne, amicizie spezzate e leggende immortali. Una squadra che resta scolpita nella memoria dei tifosi biancocelesti, con Maestrelli e Re Cecconi simboli di un’epoca in cui il calcio era passione, coraggio e tragedia.



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