
Le dichiarazioni di Claudio Lotito alla vigilia di Lazio–Torino hanno acceso i riflettori su un tema raramente trattato pubblicamente dal presidente: il valore del club e del brand Lazio. Il riferimento, inedito in 22 anni di gestione, a “Lazio Marketing” e ai 600 milioni complessivi tra patrimonio immobiliare (circa 300) e cartellini dei calciatori (altri 300) ha alimentato una domanda: siamo davanti a un’ordinaria operazione di valorizzazione del marchio o a un passo propedeutico a una due diligence in vista di possibili interlocuzioni con investitori?
Al momento non ci sono certezze su una trattativa, ma il cambio di registro comunicativo è evidente. E, incrociando il quadro economico attuale, merita un’analisi.
Perché parlare di valutazione adesso
- Ricavi ciclici e rischio ridimensionamento. L’assenza dalle coppe taglia in modo netto il conto economico: meno gare al botteghino, meno premi UEFA, minore esposizione per sponsor e merchandising. La Lazio, per modello di business, dipende molto dai risultati sportivi: Champions spinge i ricavi verso l’alto, no Europa li deprime.
- Mercato a saldo zero. Lo stesso Lotito ha lasciato intendere che gennaio sarà “a saldi compensati”: compri solo se vendi. Una linea che segnala liquidità da preservare e margini operativi ridotti.
- Branding sotto pressione. Il dossier main sponsor (cifre ventilate nell’ordine dei 4–5 milioni) è distante dai parametri dei top club italiani; il merchandising non esprime il potenziale di una piazza come Roma; i progetti Accademia e Stadio vengono evocati, ma senza avanzamenti percepibili.
In questo contesto, una perizia estimativa del club può servire a:
- stabilire un valore di riferimento per futuri soci/partner;
- sostenere la narrativa di valorizzazione verso sponsor e mercato;
- sondare l’interesse di investitori senza scoprire ufficialmente le carte.
La “soglia” dei 600 milioni: cosa leggere tra le righe
La cifra evocata da Lotito unisce asset materiali (immobili) e sportivi (rosa). È una fotografia proprietaria più che una valutazione “di mercato”. Le consuete metodologie per i club (multipli su ricavi operativi, EBITDA adjusted, o EV/Revenue contestualizzati a stadio, diritti TV, pipeline commerciale) tendono a “scontare” i periodi senza coppe. Tradotto: con ricavi in calo, la forbice tra valore “interno” e prezzo “di mercato” tende ad allargarsi. È anche per questo che, in operazioni vere, si parte quasi sempre da un vendor due diligence per allineare percezione e numeri reali.
Segnali di apertura o semplice pressione negoziale?
- Apertura soft. Parlare di branding e numeri può essere un invito implicito a chi sta osservando, mostrando che il club ha basi patrimoniali e potenziale commerciale.
- Leverage comunicativo. Valorizzare pubblicamente gli asset può servire anche a negoziare meglio con sponsor e partner: “questo è il nostro valore, questa la direzione”.
- Tempo e contesto. Il momento sportivo (classifica complicata) abbassa la forza contrattuale. Per massimizzare il prezzo, si preferisce cedere con trend sportivo e commerciale positivi. Da qui l’ipotesi di valorizzare prima, eventualmente negoziare poi.
Rischi concreti nel breve
- Riduzione dei ricavi 24/25 senza coppe → meno cassa per investimenti.
- Competizione domestica: Bologna, Atalanta e altre competitor oggi appaiono più avanti sportivamente e come modello industriale.
- Inflazione dei cartellini: con tetti storici di spesa intorno ai 20 milioni per singolo acquisto, il club fatica a competere in un mercato dove gli attaccanti “medi” superano i 30 milioni.
Le leve per invertire la rotta
- Sponsor principale a valori più in linea col mercato (non 4–5M ma doppia cifra).
- Merchandising: spinta su licensing, capsule, collab locali/internazionali, CRM e membership.
- Stadio/Academy: passare da slogan a milestone pubbliche (timeline, atti depositati, iter urbanistici).
- Sport & data: investimenti mirati in recruitment analytics, prevenzione infortuni (tema caldissimo), e sviluppo asset giovani da plusvalenze virtuose.
Conclusione: mossa di vendita o “pricing” del brand?
Non c’è una prova di trattativa, ma il messaggio è cambiato. Lotito oggi parla di valore e di marketing: è una novità sostanziale. Che sia preludio a una cessione o un modo per alzare l’asticella negoziale con sponsor e partner, resta il fatto che il modello “solo risultati” espone la Lazio a forte volatilità. Senza una spinta industriale – sponsor, merchandising, infrastrutture – il rischio ridimensionamento è reale.
Se l’intenzione è cedere, la valutazione serve a prezzare. Se l’intenzione è restare, serve a ripartire con basi misurabili e piani verificabili.
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