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Lotito al Messaggero:”Sono un uomo del fare”.

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Squilla il telefono, più volte. Potrebbe diventare rovente, racchiude i contatti di un imprenditore, del presidente di un club, nonché proprietario di un’altra società, del consigliere federale. Basta buttare uno sguardo sul web per vedere che anche le foto lo ritraggono spesso e volentieri col cellulare, una fortunata appendice di Claudio Lotito. Impegni tra i quali destreggiarsi, e come spesso Lotito sottolinea, presi più per una sorta di filantropia esibita: “Ogni cittadino deve dare il proprio contributo. E anch’io, da cittadino, voglio dare il mio contributo”, dichiarava recentemente. Un ritornello insieme alla concretezza ribadita da quel “sono un uomo del fare”. “Vedete io sono come un’acquasantiera, mi telefonano tutti. E sapete perché? Perché sono un uomo pratico e risolvo i problemi di tutti”, spiega il presidente della Lazio. Il quale ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Messaggero, In cui ha parlato del suo approdo nel mondo del calcio, ormai 10 anni fa, fino a giungere alla scorsa estate, quando invece trionfava politicamente tra le poltrone della Federcalcio. Senza dimenticare di rivolgere uno sguardo al campionato italiano, ma soprattutto al club biancoceleste.

Si definisce un combattente e non un reduce? Sì, perché il reduce è visto come una persona che torna da una battaglia, ma da sconfitto. Io invece combatto sul campo, sempre.

E porta a casa sempre risultati? Dire di sì sarebbe un atto di presunzione. Mi impegno a portare avanti i progetti condivisi e questo è sotto gli occhi di tutti.

Per questo che è stato eletto in Federcalcio? Sono in Figc da anni, ma tutti si sono accorti di me solo ora. Stiamo portando avanti un progetto di cambiamento del calcio come sistema. Quello del pallone è sempre stato un mondo conservatore, dove le persone si sono adagiate su un qualcosa che oggi non è più pensabile. Quando nel lontano 2004 mi sono affacciato in questo mondo ero visto come una macchietta, perché rompevo gli schemi. Ma tutti i segnali d’allarme che avevo lanciato oggi trovano le loro conferme.

In molti vedono in lei il burattinaio di Tavecchio… Non c’è cosa più sbagliata. Ho conosciuto Carlo nel 2004 e da subito c’è stata grande sintonia tra noi. Ormai ci basta uno sguardo per capirci, abbiamo gli stessi obiettivi. Siamo due uomini del fare, parliamo lo stesso linguaggio d’efficienza. Vogliamo costruire un sistema in cui deve prevalere l’interesse dell’istituzione legata a quella del collettività.

E come lo state cambiando questo mondo? Il sistema calcio è nato con delle logiche di vittoria che prevedevano però solo una vittoria: quella sul campo. Il successo invece deve essere a 360 gradi, sul piano finanziario e di programmazione. Oggi tutti si riempiono la bocca, parlano di modello tedesco che altro non è che quello del buon senso, quello del buon padre di famiglia. Deve prevalere la filosofia della formica e non quella della cicala. Il calcio prima era basato su logiche che consideravano le perdite economiche come una conseguenza ineluttabile. Adesso questo non sarà più possibile. Il Fair Play finanziario l’ho applicato 10 anni fa alla Lazio e tutti mi ridevano dietro…»

Con Tavecchio ha un rapporto solido, non è così con il presidente della Juventus. Ho grande stima di Agnelli e abbiamo, contrariamente a quanto si crede, un buonissimo rapporto. Lui, però, deve fare i conti con il peso della storia bianconera e della sua famiglia.

Ma in tema di multiproprietà avete avuto idee diverse? Quello delle multiproprietà è un discorso che viene sempre analizzato più dal punto di vista teorico che pratico. Agnelli si avvale dei consigli dei suoi collaboratori, che hanno una visione esclusivamente calcistica. Le multiproprietà sono fondamentali per la valorizzazione sportiva dei giocatori, la tutela della territorialità che svolge un’azione sociale, e l’incremento dei ricavi che poi non sono altro che l’espressione del territorio.

Possiamo dire che questa riforma passerà. Tutti hanno sottoscritto quel programma e ora non si torna indietro.

Ma potrebbe esserci qualche presidente furbetto pronto a utilizzare le altre squadre come una sorta di ripostiglio per i giocatori che non servono più? E no! È tutto il contrario. Con questo sistema si valorizzano i giovani. Le faccio il nostro esempio: oggi un giovane della Salernitana può aspirare a giocare nella Lazio, cosa che prima sarebbe stata più difficile.

È dunque lei il riformatore? È vero, ho una delega alle riforme e all’innovazione, ma i successi sono del presidente Tavecchio. Abbiamo previsto una serie di riforme da attuare a breve. Parlo di multiproprietà, riforma dei campionati, riforma del settore giovanile, il fair play finanziario e la prevenzione delle frodi sportive.

Ci dia un’anticipazione di quelle che verranno approvate nel prossimo Consiglio. Partiremo con il Fair play finanziario, che andrà a regime da subito. Poi ci occuperemo di frodi sportive e illeciti. La grande rivoluzione sarà invece legata agli extracomunitari. Faremo come voleva Tavecchio, valutando il curriculum vitae di ognuno di loro. Per un extracomunitario che esce ne entra uno senza curriculum, per valorizzare i giovani. Poi, però, se ne entrerà un secondo questo dovrà avere una storia documentata da presenze nella nazionale del paese di provenienza. Per evitare la tratta di giovani stranieri, che devono entrare in Italia con i genitori, abbiamo inoltre previsto che facciano almeno 4 anni di scuola qui, bloccandone l’uscita.

Conte è un suo successo? Ripeto, i successi vanno attribuiti tutti a Carlo Tavecchio. Anche da quel punto di vista siamo stati antesignani. Usare lo sponsor per pagarlo. Pensate se l’avesse dovuto pagare la federazione cosa sarebbe successo con i tagli che il Coni ha fatto al calcio.

A proposito di tagli, possiamo dire che avete strappato un risultato al presidente Malagò? Siamo usciti con una brutta ferita, ma non siamo morti. Nel Coni e in Malagò abbiamo trovato la disponibilità a ricercare soluzioni condivise, perché con i tagli iniziali il calcio sarebbe morto».

Presidente, indossi ora i panni del presidente della Lazio. È soddisfatto della squadra? Io sono abituato a parlare con i fatti. La Lazio è una squadra che se la può giocare con tutti.

I tifosi gliene stanno dando atto. Sono tornati allo stadio. Il problema è sempre lo stesso, quando sono arrivato alla Lazio ho rotto gli schemi. Dico sempre che è meglio raccontare un brutta verità che una bella bugia.

I tifosi della Lazio vogliono tornare a sognare. Giusto, ma stando con i piedi per terra. Ai tifosi dico che i sogni diventeranno realtà. Ma non metto una data perché non sono abituato a fare proclami.

Come vede il fatto che per la gente è una minaccia il fatto che lei non lascerà mai la Lazio? Quando si ama qualcuno o qualcosa la parola ”per sempre” diventa naturale.

E se arrivasse uno sceicco con 500 milioni? Oggi con il Fair Paly finanziario questo non è più possibile. Il calcio non è solo una mera questione di chi ha più soldi ma anche di passione e amore per una maglia.

Nella sua gestione qual è stato l’acquisto migliore? Klose

Il giocatore al quale è più legato nella storia della Lazio? Re Cecconi perché rappresentava qualcosa di nuovo, con quella sua chioma bionda.

Non crede che in società manchi un personaggio storico? I personaggi sono importanti, ma la storia della Lazio lo è di più.

I tifosi sognano un campione. Ma noi abbiamo Klose. Mi dica un’altra squadra che può vantare uno come Miro, campione del mondo e miglior realizzatore dei mondiali.

A proposito, come procede con lo stadio della Lazio? Per una volta lasciamo che siano gli altri ad andare avanti, poi vediamo come va a finire.

E di James Pallotta cosa pensa? Penso che sia un buon presidente, alle volte non si rende bene conto della realtà in cui vive: come si fa a dire ‘voglio giocare al Colosseo’?.

Chi vincerà lo scudetto? La Juventus è la favorita.
Lalaziosiamonoi

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Monza-Lazio,Sarri in conferenza stampa: ” Immobile non è al massimo, valutiamo di fargli fare uno spezzone”

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sarri az lazio

Dopo la sosta nazionali ritorna la Serie A. La Lazio seconda in classifica affronterà domani pomeriggio alle 15 il Monza. A presentare la gara in conferenza stampa è stato mister Sarri. Ecco le sue parole:

Ha preparato la gara di domani cavalcando l’entusiasmo o facendo il pompiere?

“Si sta preparando con logicità. Il derby non ci fa partire in vantaggio, sarà difficilissima, il Monza sta mettendo insieme dei numeri importanti. A livello di possesso palla è passata dal 18esimo posto al quarto posto in pochi mesi, ha qualità che ti possono mettere in difficoltà. Serve sacrificio e umiltà”. 

Come sta Immobile?

“Dal punto di vista clinico sta bene, poi c’è l’aspetto fisico visto che è stato fermo per un mese. Non può essere al massimo. Vediamo se lo possiamo sfruttare per uno spezzone di partita. 

Come ha visto i nazionali? Zaccagni sorpreso?

“Abbiamo un ct che fa le convocazioni, io quando i miei non vengono convocati sono contento. Sono decisione sue, quindi non mi interessa. Io so che le nazionali sono una follia. Vecino ha fatto Roma-Giappone, Giappone-Corea del Sud, Corea del Sud-Roma, il tutto per due amichevoli. È pure rientrato troppo bene per quello a cui è stato sottoposto. Il campionato non è più fattibile, ho sentito paragoni con la NBA, è una follia. Lì i giocatori stanno in campo per circa 28 minuti contro i 90 del calcio, e nel calcio si prendono più botte rispetto alla NBA. Rispetto al basket europeo non lo so”.

Ha rivisto la sua opinione sulla corsa Champions?

“Io ho sempre detto che ci sono squadre superiori al nostro organico, a livello complessivo. Vedo squadre che fanno dei cambi che ti lasciano pensare, ho visto l’Atalanta contro l’Empoli, a 20 minuti dalla fine ha messo Boga, Hojlund e Lookman dentro. Rimango dell’idea che ci sono organici superiori, poi lottiamo e vediamo come va a finire”.

Ora inizia un “altro” campionato?

“Il vantaggio è quasi simbolico, se penso ai punti che abbiamo recuperato nelle ultime 5 partite. Penso a cosa potrebbe succedere tra 11 giornate, non tra 5. Possiamo farci poco affidamento sul vantaggio. Non guarderei il campionato intero, ma la gara di domani. Lì ha perso la Juve e ha pareggiato l’Inter. Il Monza è una squadra difficilissima. Quello che possiamo andare a prenderci è il piccolo vantaggio di giocare una volta alla settimana, ma pensiamo di partita in partita. Quest’anno non c’è nulla di scontato”.

Giudizio su Palladino?

“Tra gli allenatori giovani di ora è uno dei più intriganti e interessanti. Riesce a fare una fase difensiva tipo l’Atalanta, con un palleggio però alla Guardiola. Uno da seguire con tantissimo interesse”. 

A che punto è Pellegrini? Può giocare titolare? 

“Se può giocare dall’inizio lo dico prima a Luca. Sono contentissimo di lui, è bello partecipe, grande progressione della condizione e dell’apprendimento. Poi stiamo parlando di una linea che ha funzionato, metterci le mani sopra è sempre difficile”.

Il momento di Milinkovic?

“Non è un momento in cui si sta esprimendo al massimo. Se torna al 100% può fare la differenza nella parte finale. Lo aspettiamo con grande fiducia”. 

Quanto è cresciuto il rapporto e il feeling con Luis Alberto?

“Dipende che intendi per rapporto. In questo momento è un giocatore fenomenale. Io non lo so cosa guardano il pubblico e i giornalisti in partita. Per quello che vede un allenatore, quello che sta facendo mi rende non contento, di più. Un giocatore totale, tira da fuori, rincorre, fa tutto. Un giocatore sopra le righe”.

Ha detto di preferire gli italiani: si è discusso di questo con Lotito?

“Una cosa di cui abbiamo sempre parlato. Io l’ho sempre detto che preferisco gli italiani, perché danno più identità alla squadra. Se in rosa ne hai 7-8 di italiani dai un’identità maggiore, se sono laziali ancora meglio. Ma lo pensano tutti i tecnici. Poi c’è da dire che un italiano che fa 3 partite costa 15 milioni, uno straniero in Bundesliga costa 4. Il motivo non lo so sinceramente”

Incontro a breve con Lotito?

“Lo vedo spesso, non così come prima da quando è in Senato. Ma lo vedo spesso”.

 

Spesso la Lazio si è fermata contro le medio-piccole. Cosa ne pensa?

“Mi sembra un campionato strano, contro queste squadre perdono tutte. Le squadre di media classifica sono forti, se le incontri in un momento di salute diventa un problema. Parlo di Bologna, Monza e Torino. La Fiorentina è un problema sempre invece. Hanno uno spessore superiore rispetto agli anni precedenti. Le motivazioni che contano sono quelle interne, quelle esterne sono frivole e il tempo se le porta via. Lo dico sempre alla squadra, vogliamo essere la più forte di Roma o una delle più forti d’Italia? Dopo le partite di cartello abbiamo vinto una volta sola. Il limite è stata questo”. 

La Lazio è stata alterna?

Succede a tutte, posso dire le gare di Milan e Inter, solo al Napoli non è successo. Periodi neri del Psg anche ci sono stati. Il livello top si è un po’ abbassato, il medio alzato. Il nostro gruppo ha mostrato la tendenza a accontentarsi. 

Quanto conta la Champions per la progettualità futura? La Lazio avrebbe più appeal?

Non lo so come ragionano calciatori e agenti. A me non importa se una squadra sta in Champions in meno, se una squadra mi cerca e il progetto mi intriga ci vado lo stesso. Se poi ci sono giocatori che si fermano al primo aspetto, può essere pure che aumenti a livello di richiamo. 

La Lazio vista la classifica ora ha più responsabilità?

La responsabilità ce l’ha chi ha l’organico migliore del nostro, noi abbiamo un’opportunità.

Oggi è una triste ricorrenza della scomparsa di Chinaglia.Pensieri?

Lo ricordo quand’ero ragazzino, ma avevo più come idolo gli allenatori che i calciatori. Lui ha segnato un’epoca, un personaggio estroso, particolare, rimane nell’immagine popolare fortissima. Come giocatore ho immagini davanti, però la cattura del personaggio era forte. Il ricordo è forte. 

Lei critica spesso le nazionali, perché?

Io non critico le nazionali, non mi interessa niente. Ho visto 10 minuti di Kosovo e Andorra, ho visto tutti i giocatori in area, ho detto “cazzo è successo?”. Critico il calendario, la qualità diminuisce, ci sono sempre 5-6 assenti per infortunio, mi devono spiegare dove vogliano andare. Il calcio da sport è diventato business, se poi diventa solo business non escludo che tra 10 anni nessuno si interesserà più.

Come sta Lazzari?

Sta bene, l’ho visto bello brillante. È rimasto fuori qualche partita, un giocatore che a fine anno sarà sopra le 35 presenze, poi per certe partite abbiamo fatto scelte diverse per motivi tattici. 

La pausa ha fatto bene?

Nei meandri mentali è difficile capire, cosa fa bene e cosa no. A volte giochi dopo 3 giorni e invece la trovi concentrata, a volte passa più tempo e lo scopri dopo. Non è facile da sapere. Poi la partita dice la verità.

La vittoria al derby può essere la cura al problema mentale?

Una piccola parte avete visto. La squadra ha lavorato bene dal punto di vista materiale e pratico. Ci sono stati momenti ludici e momenti tattici di alta intensità. Siamo indecifrabili, la squadra si allena a grandissimi livelli, spero che questa continuità nelle sedute diventi continuità mentale per le partite. Rispetto all’anno scorso abbiamo una continuità diversa, poi quest’anno non abbiamo fatto bene in Europa, ho paura che c’entri una scelta inconscia della squadra. 

Quanto Sarri c’è nella Lazio attuale?

Mi ci vedo. Giovedì abbiamo fatto un allenamento sulla linea difensiva, l’ho rivisto a casa, è roba importante. Una linea, lasciando perdere il valore dei singoli, è ai livelli di Napoli ed Empoli. Al Chelsea e alla Juve non l’ho mai raggiunto questo livello. Poi se Sarri nell’immaginario di tutti è quello del Napoli, non si rivedrà più. Ci sarà invece il Sarri di un altro gruppo di giocatori e di altre caratteristiche. 

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