
Cinque cartellini rossi in quindici partite. Nessuna squadra in Europa ha fatto peggio della Lazio. Un dato clamoroso, che va ben oltre la semplice statistica e che apre una riflessione profonda su quanto sta accadendo attorno alla squadra di Maurizio Sarri in questa stagione.
La Lazio non è una squadra violenta, non è nemmeno quella che commette più falli nei principali campionati europei. Eppure, numeri alla mano, è la formazione più espulsa d’Europa. Un paradosso che diventa ancora più evidente se si guarda al dettaglio: tre cartellini rossi nelle ultime due partite, tutti giudicati eccessivi da gran parte dell’ambiente biancoceleste e dallo stesso Sarri.
L’ultimo episodio, a Parma, ha portato la questione al limite. La Lazio ha chiuso la partita addirittura in nove uomini, riuscendo comunque a vincere grazie a una prova di enorme sacrificio e compattezza. Ma il tema arbitrale, ancora una volta, ha oscurato la prestazione sportiva.
In conferenza stampa, Sarri non ha usato giri di parole:
“Siamo la squadra con più espulsioni, ma non quella che fa più falli. Evidentemente siamo sfortunati. I cartellini sono stati frettolosi, manca il buon senso”.
Il riferimento è chiaro: le espulsioni arrivano spesso al primo episodio, senza una gestione graduale della gara. Interventi giudicati da regolamento “da rosso”, ma che in altri contesti, su altri campi, vengono sanzionati con un semplice giallo o addirittura lasciati correre.
Il dato delle ultime due partite è emblematico: tre cartellini rossi, tutti arrivati in situazioni interpretative, non per interventi violenti o condotte antisportive evidenti. Tocchi, contrasti, proteste: episodi che sembrano essere valutati con un metro più rigido quando in campo c’è la Lazio.
Ed è qui che nasce il sospetto, sempre più diffuso tra tifosi e addetti ai lavori: la Lazio paga una lettura arbitrale particolarmente severa, quasi punitiva. Non è un caso che Sarri abbia parlato di “interpretazione più pura del regolamento”, sottolineando come manchi quel margine di buon senso che dovrebbe guidare la direzione di gara.
Il confronto con il resto d’Europa rende il quadro ancora più inquietante. Squadre che giocano con un’intensità maggiore, che commettono più falli, che protestano di più, finiscono le partite sempre in undici. La Lazio, invece, viene regolarmente decimata, costretta a giocare mezz’ora o più in inferiorità numerica.
Questo trend ha un impatto diretto sulla stagione:
- punti persi o rischiati
- rotazioni forzate
- squalifiche continue
- clima di tensione crescente
Eppure, nonostante tutto, la squadra continua a reagire. A Parma, come in altre occasioni, la Lazio ha mostrato un carattere fuori dal comune, dimostrando di saper soffrire anche in condizioni estreme. Ma è evidente che non può diventare una normalità giocare sistematicamente in dieci o in nove.
Il problema, a questo punto, non è più episodico. È strutturale. Cinque rossi in quindici partite non sono una coincidenza. O la Lazio è improvvisamente diventata la squadra più scorretta d’Europa — cosa smentita dai numeri sui falli — oppure qualcosa nel rapporto con la classe arbitrale non funziona.
La domanda resta aperta:
è solo sfortuna?
è un problema di comunicazione?
è una questione di reputazione?
Quel che è certo è che la Lazio, oggi, paga un prezzo altissimo. E continuare a far finta di nulla non è più possibile.
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