CRISTIANO SANDRIMi sento abbastanza stanco a livello emotivo, come dopo ogni 11 novembre…”. Una giornata nel ricordo di Gabbo, sei anni dopo. Intervenuto in esclusiva ai microfoni di Radiosei, Cristiano Sandri è tornato sulle emozioni vissute ieri, in occasione della seconda edizione del premio letterario organizzato dalla Fondazione che porta il nome di Gabriele, spiegando in assoluto i prodromi che hanno dato vita all’iniziativa nata il 28 maggio 2011: Chiudersi in noi stessi e implodere di rabbia dopo anni non sarebbe servito a nulla, quindi abbiamo cercato di rivolgerci ad attività che ricordassero mio fratello, noto a tutti come il manifesto della gioia di vivere e che, quindi, è corretto ricordare con iniziative positive. Dalle 7.30 il gruppo dei donatori volontari di Roma si è ritrovato per la donazione del sangue, un gesto nobile sotto l’aspetto umano che può aiutare nelle cure e, talvolta, salvare una vita. Ma vorrei ricordare che ogni giorno è quello buono per donare il sangue, non soltanto l’11 novembre”.

Ogni giorno è buono anche per un ricordo di Gabriele, un frammento di vita felice, un aneddoto divertente:Ce ne sono talmente tanti che sceglierne uno in particolare è difficile. Noi due vivevamo in simbiosi, nonostante i sette anni di differenza eravamo sempre attaccati, spesso anche nei locali in cui suonava, quando andavo a trovarlo per condividere con lui le serate. Tra noi c’era una complicità enorme, un legame inscindibile. Ricordo che una volta, tornando a casa dopo una serata ‘allegra’, io mi sono trascinato nell’armadio anziché nel letto, mentre Gabriele non è riuscito nemmeno ad arrivare alla porta di casa! Ma penso anche a quando, io ventenne e lui tredicenne, finivamo a botte le nostre partitelle dentro casa, per la disperazione di mia madre”.

Il sogno di Cristiano è quello di non recidere il legame, seppur ideale, tra Gabbo e suo figlio Gabriele: Lui vive la Lazio attraverso il padre, anche se questa passione che animava me e mio fratello per i colori biancocelesti ci è stata strappata.Vorrei tornare a viverla come una volta e mi piacerebbe riportare mio figlio allo stadio con più costanza, insegnargli la storia, fargli vivere la squadra che amava suo zio, pur consapevole che sarà quasi impossibile. Dal punto di vista della passione, infatti, è allarmante apprendere di tutti i divieti negli stadi a livello di sfottò, oltre che di accesso alle manifestazioni sportive: un limite che, a mio avviso, andrebbe affrontato con molta più ragionevolezza”.



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