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Fernando Couto: “Vincere è importante, ma il percorso lo è ancora di più. Alla Lazio ho vissuto emozioni irripetibili”

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Fernando Couto ricorda i suoi anni alla Lazio: dallo Scudetto al legame con lo spogliatoio. Emozioni, aneddoti e retroscena di un'era gloriosa.

Pubblicato il 1 Luglio 2025 alle 19:30 da Since1900.it

Fernando Couto, ex colonna della difesa biancoceleste, è tornato a parlare del suo passato alla Lazio, regalando un’intervista a tutto tondo che ripercorre alcuni dei momenti più intensi vissuti con l’aquila sul petto. Dal legame con i compagni alla conquista dello Scudetto, passando per le emozioni più profonde dentro e fuori dal campo.

“Non pensavo di restare sette anni alla Lazio, ma è stato incredibile”

“Sono arrivato a Roma senza aspettarmi una permanenza così lunga. E invece ho vissuto un ciclo fantastico, ricco di emozioni e trofei. Abbiamo scritto una pagina storica di questa società. Lo Scudetto? L’apice. Dopo la delusione dell’anno precedente, vincerlo in quel modo è stato emozionante. Ma più dei trofei, ciò che porto dentro è il percorso: quello che vivi ogni giorno per raggiungere il traguardo.”

Il legame con De La Peña e le difficoltà degli spagnoli in Italia

“Con Ivan avevo già giocato a Barcellona, era un talento purissimo. Ma in Italia ha faticato ad adattarsi a un calcio molto più fisico e tattico. Non è stato il solo: anche Mendieta ha avuto problemi simili. Io sono arrivato con un’esperienza già formata in Serie A, e questo mi ha aiutato tanto.”

La Lazio dei grandi campioni

“La prima Supercoppa vinta è stato il punto di svolta. Eriksson sapeva gestire il gruppo come pochi: lavorava con attenzione sui singoli, plasmando la squadra con intelligenza. La rosa era talmente forte che anche chi non giocava aveva un livello altissimo. Penso a Sensini, ad esempio. Parlare di leader singoli è riduttivo: eravamo un gruppo pieno di personalità forti. Tutti potevano essere capitani, tutti si allenavano con l’idea di giocare la domenica.”

Il ricordo di Ronaldo e quel giorno all’Olimpico

“Il giocatore più forte con cui ho giocato? Ronaldo, senza dubbio. Ma uno dei momenti più tristi lo vissi proprio con lui: era il suo rientro dall’infortunio e si ruppe il ginocchio davanti a me. Ricordo il rumore, il silenzio dello stadio. Nessuno ha più giocato da quel momento.”

L’attaccamento alla maglia

“Mi sentivo responsabile, per questo ho deciso di restare nonostante le offerte arrivate dall’Inghilterra. Ho vissuto anni intensi, anche quando la squadra non era più la stessa. Alla Lazio ho trovato un ambiente che mi ha fatto sentire a casa.”

Lo spogliatoio, il carattere, la capriola

“Ho sempre avuto un carattere forte, anche dentro lo spogliatoio. Non si tratta solo di essere amici, a volte bisogna litigare per andare avanti. La mia esultanza con la capriola? Era diventata un rito, anche quando facevo fatica (ride). Con i tifosi c’era un legame speciale. Il coro ‘non mollare mai’ cantato per mezz’ora è qualcosa che non dimenticherò mai.”



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