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10 anni di Lotito :” Non faccio aumenti di capitale per rispetto dei tifosi “

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LOTITO

 Oggi ricorrono i dieci anni dall’insediamento di Claudio Lotito alla presidenza della Lazio. Per l’occasione, il Guerin Sportivo ha condotto una lunga e articolata intervista al patron laziale. Si parte dagli albori dell’avventura dell’imprenditore capitolino alla guida della società biancoceleste, si arriva alla complessa e travagliata situazione odierna. Vi riportiamo qui alcuni estratti dell’intervista realizzata da Franco Spicciariello (per la versione integrale, rimandiamo all’edizione cartacea del Guerin Sportivo attualmente in edicola).

Dieci anni di gioie e dolori, di contestazioni e vittorie. Bene o male abbiamo vinto due Coppa Italia e una Supercoppa contro Mourinho. A livello giovanile abbiamo uno Scudetto, oltre alla Coppa Italia Primavera dopo 35 anni. Potrei dire che la Lazio è la squadra che ha vinto negli ultimi cinque anni più del Napoli, della Fiorentina e di tante altre. Ricordo che mi si contestavano i mancati investimenti sul settore giovanile, che invece oggi ha il ranking più alto d’Italia. Ho capito che questo a Roma vuol dire poco. Le accuse contro di me non sono altro che processi di mistificazione volti a destabilizzare la mia azione, che punta a togliere i mercanti dal tempio.

Le imputano un “difetto”, una sua presunta pregressa fede romanista, confermata anche da Storace, e dall’avv. Mauro Baldissoni che disse: “E’ romanista, lo sanno tutti”. Scusi, chi è Baldissoni?

Il Direttore Generale della AS Roma. Ah quindi io sarei romanista. Comunque guardi, Baldissoni non ho mai avuto il piacere di conoscerlo prima di incontrarlo in Lega Calcio (ah, quindi sa chi è, ndr). Per quanto concerne la mia lazialità, non deve assolutamente essere certificata. Sono sempre stato laziale, avevo l’abbonamento della Lazio. La mia lazialità nasce a cinque anni, trasmessami dal fidanzato della mia tata, e da allora – era il 1961 – sono sempre stato laziale. Questo lo possono testimoniare i miei compagni di scuola, e persino l’ex presidente del CONI, Petrucci.

Lei è anche accusato dai tifosi di aver “delazializzato” la Lazio. Non potrebbe essere utile portare alla Lazio un uomo immagine, tipo Nesta o Rocchi. Le faccio l’esempio di Alfredo Di Stefano al Real Madrid. La mia filosofia è quella di non trasformare la lazialità, uno stile di vita, in un sistema di autosostentamento. Non mi risulta però che Nesta abbia mai avuto la volontà di tornare (Il giocatore dichiara il contrario, ndr). E poi guardi, non tutte le persone hanno le qualità caratteriali per ricoprire alcuni ruoli. Noi abbiamo un team manager, Maurizio Manzini, che è con noi da 40 anni. Un tempo che gli permette di incarnare la storia della Lazio più di tutti. Ma se un ex giocatore ha le qualità adatte, allora noi le utilizziamo, perché quel giocatore rappresenta la storia.

Lei attacca sempre Cragnotti, il presidente più vincente di sempre, ma sorvola sugli anni di gestione guidata dalla Banca di Roma. Cragnotti ha portato la Lazio in Borsa e fatto due aumenti di capitale. Spariti. Poi altri 110 milioni sono arrivati dagli investitori-tifosi sotto la gestione di Luca Baraldi, durata circa un anno, e subito bruciati. Quando sono arrivato io, la Lazio era tecnicamente in stato di fallimento. Mi dovrebbero quindi (Cragnotti e Baraldi, ndr) spiegare tutti questi soldi che fine hanno fatto. Cragnotti ha lasciato 500 milioni di debiti. Il piano Baraldi invece, non era altro che il pagamento dilazionato dei debiti maturati da Cragnotti, una presa in giro. E Baraldi ha anche perso la causa intentata contro la Lazio. Inoltre, al mio arrivo la Lazio non aveva nulla. Oggi ha una catena di negozi, una tv, una radio e la sua rivista (in realtà le iniziative di comunicazione sono appaltate ad una società esterna, ndr), un palazzo al centro di Roma (già ipotecato dal Credito Sportivo, ndr), le quote della Bombril (società brasiliana nel settore dei casalinghi, in passato controllata da Cragnotti, ndr) che ho ricomprato io. Ma non voglio parlare delle gestioni precedenti, non mi interessa.

Uno snodo fondamentale della salvezza dal fallimento della Lazio è stato quello della transazione con l’Agenzia delle Entrate, che ha evitato il fallimento e la perdita dei crediti per lo Stato e i fornitori, come accaduto per Napoli, Torino e Fiorentina. Ottenemmo un pagamento in 23 anni, ma alla fine la Lazio avrà pagato tutto il debito, compresi gli interessi. Paghiamo ogni anno, e spesso in anticipo, una rata di 6 milioni, equivalente al bilancio di una squadra di Serie B.

Deve riconoscere che la tifoseria ha avuto un ruolo importante in quel momento. Lo stesso Berlusconi dichiarò in TV da Bruno Vespa che la decisione era arrivata per motivi di ordine pubblico. Riconosco un sostegno da parte della tifoseria, passionale e autentico, visto ciò che il salvataggio significava. Il tifoso laziale si mobilita sempre quando c’è qualcosa di irreparabile. Quando accadono le cose positive sparisce. Le faccio l’esempio della vittoria in Coppa Italia contro la AS Roma che rimarrà nella storia, c’è stato il crollo degli abbonamenti e si è incassato meno di merchandising.

In realtà è da anni che le cose vanno peggiorando. Come pensa di uscire da questa situazione di conflitto con la tifoseria? Io ho fatto un processo di risanamento, e adesso sto facendo un processo di rilancio. Io sono il proprietario della SS Lazio, ma sono anche il custode dei valori che rappresenta la Lazio, che devono essere salvaguardati, preservati e tramandati, e quindi ho il dovere e il piacere di rendere felice la gente. In questo momento ciò non accade, e me ne dolgo. Spero che con il lavoro alla fine si giunga ad avere riconoscenza.

Lei parla di aumentare i ricavi delle società di calcio e fa riferimento agli stadi. Ma dimentica, ad esempio, che la Lazio da sei anni è senza sponsor sulla maglie. Non vogliamo svendere, e peraltro abbiamo occupato la maglia spesso con iniziative benefiche e campagne sociali. Lo sponsor manca perché non siamo riusciti a trovarne uno che coniugasse due elementi: quello economico, compatibile col valore effettivo del marchio, e quello di poter creare un partnership positiva in termini di messaggio.

C’è una possibilità, anche remota, che la SS Lazio possa tornare “a casa”, allo stadio Flaminio? Non esiste. Le faccio io la domanda. Secondo Lei uno stadio, dove dovrebbe stare? Al centro o in periferia?

Al centro della città. Persino gli americani si sono resi conti che il futuro degli stadi può essere solo downtown. Lei non ha cognizione di cosa significa uno stadio. I problemi di costruire in città sono tre: viabilità, parcheggi, sicurezza. La mia visione è quello di uno stadio modello Disneyland, solo che invece di trovare Topolino & co. quando gira, il tifoso trova i giocatori, l’allenatore. È la visione di un calcio romantico coniugato con l’aspetto dei ricavi.

L’immagine della nostra Serie A e della sua guida non è affatto buona, e non si è percepita una crescita. Lei ha informazioni sbagliate. Beretta ha avviato un processo di crescita e cambiamento. Ma questo è un paese che è stato gestito da prenditori, e non da imprenditori, da magnager e non da manager. Di conseguenza certe valutazioni negative vengono fatte da persone che hanno una visione “consuetudinaria”,consuetudo magna vis est. Le faccio degli esempi di ciò che abbiamo fatto: la divisione delle leghe di A e di B; abbiamo applicato la legge Melandri aumentando le entrate derivanti dai diritti televisivi; abbiamo condotto un processo di ammodernamento normativo, basti pensare che oggi un calciatore può essere pagato in 5 anni , può essere preso in prestito per due anni, può essere prestato con riscatto obbligatorio. Tutte scelte ratificate dalla FIGC, ma arrivate tutte dalla Lega Serie A sotto la gestione di Maurizio Beretta, che poi si avvalso di tutta una serie di persone tra cui, immeritatamente, Claudio Lotito. Ricordo la gag della telefonata che faceva “Dimmi Claudio…”: era tutto strumentale perché il presidente Beretta non ha mai chinato la testa. Questo è il vero problema che porta lui ad essere considerato un corpo estraneo al sistema. È una persona di grande valore. E tante persone che passano come all’avanguardia, in realtà non hanno fatto nulla.

Come sono i suoi rapporti con il presidente del CONI Giovanni Malagò, noto tifoso della AS Roma, che evitò addirittura di farsi le foto con la Lazio vincitrice della Coppa Italia 2013? Malagò era intervenuto su Abete in relazione alla Sua decadenza dal Consiglio Federale. Malagò ha solo chiesto chiarimenti, a seguito di una lettera di Federsupporter (associazione di tifosi/azionisti della SS Lazio SpA, ndr) che lamentava la mia mancata decadenza a fronte di un’inesistente condanna, non essedo stata comminata alcuna pena.

In ogni caso, anche nell’ottica della “moralità” di cui parla, Lei pensa di dimettersi quando la condanna passerà in giudicato? No. Consideri che in relazione a quanto mi viene imputato la Consob mi aveva comminato una sanzione amministrativa, contro cui ho vinto ogni ricorso. E poi una recente sentenza di Strasburgo sul caso-Exor ha ribadito il principio del ne bis in idem…

Cosa le manca per fare una galoppata modello Atletico Madrid. Del resto i fatturati non sono così lontani. Questo dimostra che voi non conoscete i problemi. Innanzitutto l’Atletico Madrid ha 180 milioni di ricavi, ma 200 milioni di debiti. L’unico indebitamento della Lazio sono invece i 60 milioni circa rimanenti da pagare al fisco. Inoltre, i giocatori dell’Atletico sono di proprietà di fondi, mentre i giocatori della Lazio sono della Lazio, che non ha giocatori in prestito.

Sua moglie Cristina ogni tanto le dice: “Liberati di quella zavorra della Lazio“. Dei tifosi non ne parliamo. Ha pensato di affidare un incarico ad una banca d’affari?  No, non esiste. La situazione tra Lazio e Inter è diversa, in quanto la SS Lazio è una società che produce reddito, mentre l’Inter produce debiti. Si pensi solo che quest’anno chiuderà il bilancio a -84 milioni. Inoltre, la Lazio non ha bisogno di un socio. È una società quotata. E quindi se uno volesse potrebbe fare un aumento di capitale, per il quale però ci devono essere le necessità, che però non ci sono, dato che chiude in utile. E io un aumento di capitale non lo faccio per rispetto dei tifosi.

LALAZIOSIAMONOI



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