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Tavares, occasione sprecata: contro il Bologna una partita che può segnare il suo addio alla Lazi

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Nuno Tavares con la maglia della Lazio, a simboleggiare il suo riscatto ufficiale da parte del club biancoceleste.

Per Nuno Tavares quella contro il Bologna doveva essere una serata fondamentale. Un’opportunità rara, quasi irripetibile, arrivata più per necessità che per scelta tattica: Luca Pellegrini non era convocabile perché diventato padre proprio nelle ore precedenti, e dunque il portoghese ha avuto la chance di partire titolare. Una chance che, se sfruttata, avrebbe potuto riaprire discorsi, ribaltare giudizi e forse riattivare un percorso che da mesi si è complicato.

Eppure, l’epilogo è stato l’opposto di ciò che Sarri sperava. Perché se è vero che Tavares, quando si accende, sa essere devastante in campo aperto e in progressione, è altrettanto vero che la fase difensiva continua a essere la sua zavorra. E non per limiti fisici o strutturali, ma per mancanza di attenzione, applicazione e disciplina tattica.

Contro il Milan in Coppa Italia, Tavares aveva dato segnali incoraggianti. Un ingresso positivo, tanta spinta, l’assist per Zaccagni e una presenza finalmente utile alla causa. Sarri, in conferenza, lo aveva anche elogiato a modo suo: “Sto provando con le cattive, lo tengo a distanza. Spero si incazzi”. Una frase che aveva fatto sorridere, ma che conteneva un messaggio molto chiaro: la porta non era chiusa, il tecnico credeva ancora nella possibilità di recuperarlo.

La gara contro il Bologna, però, è stata un passo indietro pesantissimo. In fase offensiva, il portoghese è stato il solito giocatore potente, rapido, capace di creare superiorità e mettere in difficoltà la difesa avversaria. Non a caso, nell’azione che poteva diventare il gol del vantaggio, è stato proprio Castellanos a sbagliare scelta, preferendo un tacco inutile a un semplice passaggio che avrebbe mandato Tavares solo davanti al portiere.

Il problema non è ciò che Tavares fa quando attacca: lì è sempre stato pericoloso. Il punto è ciò che non fa quando deve difendere. E contro il Bologna non si è trattato di limiti fisici – come nel caso di Lazzari, che soffre semplicemente avversari strutturati – ma di totale assenza di concentrazione. La squadra di Motta ha attaccato sistematicamente dalla sua parte già nel primo tempo, consapevole di trovare spazi e disattenzioni. Il gol subito nasce anche da una sua mancata lettura, da una marcatura inesistente, da un atteggiamento che Sarri considera intollerabile.

Non è un caso che il tecnico lo abbia tolto all’intervallo, inserendo Lazzari. Il numero 29, pur con tutti i suoi limiti, è un giocatore che si applica, che difende, che sbaglia ma dà tutto. E infatti, pur senza brillare, ha garantito ordine e una solidità che nel primo tempo era mancata completamente.

È qui che emerge il vero nodo del “caso Tavares”: la testa. Il portoghese ha mezzi enormi, un potenziale fisico e tecnico superiore alla media, una progressione devastante. Ma la fase difensiva richiede lettura, sacrificio, continuità. E il problema, oggi, è che Tavares sembra essersi spento mentalmente. I primi due mesi alla Lazio furono incoraggianti, così come alcune partite dello scorso anno. Poi, lentamente, si è adagiato. Un anno intero senza un assist, prestazioni altalenanti, e la sensazione costante che manchi la professionalità necessaria per restare ad alto livello.

Sarri, uomo di disciplina e principi, questo lo vede più di chiunque altro. Non sorprende, dunque, che dopo la partita contro il Bologna il tecnico possa aver chiesto alla società di valutare seriamente una cessione a gennaio. Perché in una rosa già corta – con Hysaj fuori lista e soli quattro terzini a disposizione – un giocatore potenzialmente decisivo ma assente mentalmente diventa un rischio troppo grande.

Decisioni definitive non ce ne sono ancora, anche perché servirà un’offerta adeguata e la volontà del giocatore. Ma la sensazione è che Tavares abbia compromesso gran parte della fiducia residua. E in uno spogliatoio che oggi lavora compatto, dove tutti remano nella stessa direzione, gli errori di concentrazione pesano il doppio. Lo notano i compagni, lo nota Sarri, lo nota la società.

Un peccato enorme, perché le qualità per essere un giocatore importante ci sono tutte. Ma nel calcio moderno, nel 2025, il talento senza testa non basta più.



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