I dati pubblicati da Calcio e Finanza mostrano un quadro impietoso della situazione economica del calcio italiano.
La Premier League continua a dominare sul piano finanziario, con cifre che la Serie A può solo sognare.
Nella stagione 2024-2025, i club italiani hanno incassato circa 900 milioni di euro dai diritti televisivi, contro i 3,4 miliardi generati in Inghilterra.
Un divario strutturale di 2,5 miliardi di euro, pari a un +278% in favore dei club inglesi.
Il dato più clamoroso? Il Southampton, ultimo in Premier, ha guadagnato circa 50 milioni in più dell’Inter, prima tra le italiane.
Competitivi sul campo, ma con risorse limitate
Eppure, nonostante il gap economico, il calcio italiano resta competitivo sul campo europeo.
Negli ultimi dieci anni le squadre italiane hanno raggiunto:
- 4 finali di Champions League (Juventus 2015 e 2017, Inter 2023 e 2025),
- 2 finali di Conference League (Fiorentina 2023 e 2024),
- 1 vittoria in Europa League (Atalanta 2024) e una finale (Roma 2023).
Un rendimento sportivo di alto livello, ottenuto con mezzi finanziari molto inferiori rispetto ai top club inglesi e spagnoli.
Il nodo diritti TV e il ritardo strutturale
La nuova trattativa sui diritti TV per il periodo 2024-2029 non lascia spazio all’ottimismo.
In Italia, Sky e DAZN hanno garantito solo 900 milioni di euro l’anno, ben al di sotto dell’obiettivo di 1,15 miliardi.
In Inghilterra, invece, il nuovo accordo porterà ai 20 club 1,95 miliardi l’anno, per un totale di 8 miliardi in 4 anni.
Sul fronte estero la forbice è ancora più ampia: il solo contratto di beIN Sports per l’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa) vale 215 milioni l’anno, quasi quanto l’intero bottino dei diritti esteri della Serie A (240 milioni totali).
Il problema è italiano, non europeo
Le altre leghe hanno modelli più solidi.
- In Spagna, Real Madrid e Barcellona sfiorano 1 miliardo di fatturato annuo.
- In Francia, il PSG domina grazie ai fondi del Qatar.
- In Germania, il Bayern Monaco è sostenuto da colossi come Adidas, Audi e Allianz.
In Italia, solo Juventus e Inter hanno superato i 500 milioni di fatturato, restando comunque lontane dalla top 10 europea.
Basti pensare che il Tottenham, decimo nel 2023-24, ha incassato 720 milioni di euro.
La speranza dei nuovi stadi
Il nuovo stadio di proprietà rappresenta la chiave per ridurre il gap.
Inter e Milan puntano su impianti moderni con ricavi da corporate hospitality che potrebbero portare i bilanci oltre 600 milioni annui.
Il problema di San Siro, infatti, è la scarsità di posti VIP rispetto a stadi come l’Allianz Arena o il Camp Nou.
Ma anche Lazio, Roma, Napoli e Fiorentina avrebbero bisogno di strutture nuove.
Tra burocrazia, vincoli politici e ritardi amministrativi, però, i progetti restano fermi da anni.
Ridurre la Serie A a 18 squadre: un’idea divisiva
Per alleggerire il calendario e aumentare la qualità, torna l’ipotesi di ridurre la Serie A da 20 a 18 squadre.
I vantaggi sarebbero evidenti: meno partite, meno infortuni, maggiore competitività e spazi per finali nazionali dedicate.
Gli svantaggi? Meno biglietti, meno sponsor e il rischio di marginalizzare i club più piccoli.
I broadcaster non sarebbero contrari, purché si creino play-off o play-out per coprire i weekend “vuoti”.
Ma la riforma resta soprattutto un problema politico: servono garanzie economiche concrete per convincere le medio-piccole a votare il cambiamento.
Conclusione: servono riforme e una visione comune
Il divario tra Serie A e Premier League cresce anno dopo anno.
Senza nuovi stadi, accordi TV più redditizi e una governance unita, il rischio è che il calcio italiano rimanga competitivo solo a tratti, ma non strutturalmente.
Il talento e l’organizzazione non bastano più: servono investimenti, visione e coraggio per riportare la Serie A tra le grandi d’Europa.
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