La tensione tra Claudio Lotito e il tifo organizzato della Lazio sembra aver raggiunto un punto di non ritorno. Un nuovo capitolo si è aggiunto a una storia che ormai va avanti da anni, fatta di comunicati, accuse, risposte piccate e nessun gesto distensivo da parte della società. Un rimpallo costante, un avanti e indietro che non porta a nulla e soprattutto non fa bene alla Lazio.
La vicenda esplosa tra Lazio–Lecce e il post-gara ha mostrato ancora una volta quanto il clima attorno alla squadra sia diventato tossico. E, come sempre più spesso accade, chi paga il prezzo più alto non è la dirigenza ma la tifoseria e il gruppo squadra.
Una guerra senza fine: nessuno fa un passo indietro
Il problema è semplice: nessuna delle parti sembra intenzionata a fare un passo indietro.
Chiariamo: in questa vicenda è evidente da che parte stia la ragione. Il tifo organizzato ha protestato civilmente e ha argomentato il proprio dissenso. Il nodo è un altro: Lotito non è un presidente abituato a chiedere scusa o ad ammettere errori. Non lo ha fatto in passato e difficilmente lo farà ora.
Non è un mistero:
👉 se la Lazio fatica in Europa, la colpa è “degli arbitri”,
👉 se il mercato è bloccato, la colpa è “delle istituzioni”,
👉 se arrivano contestazioni, la colpa è “dei tifosi che remano contro”.
Nella narrazione della società, le responsabilità non ricadono mai su Formello.
Striscioni vietati, comunicati incrociati e giornalismo passivo
La scintilla più recente riguarda la volontà della Curva Nord di esporre uno striscione per Vincenzo durante Lazio–Lecce. Una richiesta semplice, umana, condivisibile.
La risposta della società? Impedire l’ingresso dello striscione a chi non fosse entrato allo stadio.
Un ricatto.
Un gesto che ha generato l’ennesima frattura.
Poi, nel post-partita, è arrivato il monologo di Lotito ai microfoni di DAZN. Un intervento senza contraddittorio, senza domande, senza giornalismo. Soltanto un palco. L’ennesimo “comizio tascabile” concesso a un presidente che, negli anni, è sempre riuscito a trasformare ogni critica in un attacco personale.
La reazione della Curva non si è fatta attendere. Un comunicato duro, diretto, inevitabile.
Il vero problema: chi paga tutto? La Lazio.
Questo muro contro muro non è una battaglia sterile. È una bomba a orologeria.
La squadra rischia di trovarsi senza il supporto dei tifosi nelle partite decisive:
⚠️ Coppa Italia contro il Milan,
⚠️ sfide chiave in campionato,
⚠️ momenti in cui l’Olimpico può fare la differenza.
E mentre i tifosi protestano, Lotito continua a ignorarli, trattandoli come un fastidio più che come una risorsa. È questo il vero nodo: la Lazio è una delle pochissime società in Italia che non fa nulla per i propri tifosi.
Niente eventi, niente porte aperte a Formello, niente iniziative, niente sconti.
La Juventus, il Milan, l’Inter organizzano incontri, feste, presentazioni, open day. La Lazio? Nulla. Anzi, spesso ostacola i suoi stessi tifosi.
Il risultato?
👉 ricavi da stadio tra i più bassi della Serie A,
👉 merchandising inesistente,
👉 sponsor che faticano a legarsi al club,
👉 un ambiente spaccato e depressivo.
Chi sponsorizzerebbe una società che litiga ogni settimana con i propri tifosi?
Una soluzione è possibile? Realisticamente, no.
Servirebbe un gesto distensivo, un comunicato, un’apertura.
Non necessariamente delle scuse, che Lotito non ha mai pronunciato neppure dopo i fallimenti più imbarazzanti.
Ma almeno un passo verso la tifoseria.
La verità, tuttavia, è che nessuno crede che questo possa accadere.
La situazione è ormai incancrenita.
Le ferite sono profonde.
E una società divisa rischia di trascinare con sé l’intera stagione.
Con una squadra già tecnicamente limitata e una corsa all’Europa complicata, questo scontro frontale potrebbe trasformare una stagione difficile in un disastro annunciato.
Conclusione
La Lazio ha bisogno dei suoi tifosi più di quanto Lotito voglia ammettere.
Ma se il presidente continua a ignorarli, punirli e contrapporsi a loro, la frattura rischia di diventare irreparabile.
E una Lazio senza tifosi è una Lazio più debole, in campo e fuori.
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