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Lazio massacrata dagli arbitri: coincidenze o sistema?

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rocchi sarri

C’è un filo rosso che lega le ultime settimane della Lazio. Un filo sottile, forse invisibile per qualcuno, ma sempre più evidente per chi osserva con attenzione. Tutto parte dalle dichiarazioni di Gianluca Rocchi, designatore arbitrale di Serie A e B, all’Open VAR, quando disse di essere “infastidito” dalla simulazione di Isaksen in Lazio-Lecce, episodio che portò all’annullamento del gol di Sottil.

Una simulazione, sì. Obiettiva. Ma una simulazione come se ne vedono decine ogni domenica in Serie A. Eppure, quella volta Rocchi sentì il bisogno di sottolinearla pubblicamente, indicando la Lazio come esempio negativo.

Da quel momento in poi, qualcosa è cambiato.

Da quelle parole, la Lazio ha iniziato a essere massacrata da errori arbitrali:

  • un rigore clamoroso non dato in Milan-Lazio
  • tre cartellini rossi estremamente discutibili
  • interpretazioni sempre severe, sempre a senso unico

Sarà una coincidenza. Ma come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

Oggi la Lazio è diventata, nel giro di poche settimane, la squadra con più cartellini rossi in Europa: cinque espulsioni in quindici partite, pur non giocando le coppe. Nelle ultime due gare sono arrivati tre rossi, molti dei quali giudicati eccessivi da ex arbitri, moviolisti e addetti ai lavori.

L’esempio più clamoroso resta quello del cartellino rosso a Toquinho per aver detto all’arbitro “sei scarso”. Una frase che, se applicata con coerenza, porterebbe ogni partita di Serie A a finire tre contro tre. Nella stessa giornata, Mancini della Roma dice all’arbitro: “Che cazzo fai? Hai rovinato la partita”. Nessuna espulsione, nessuna ammonizione. Due pesi, due misure.

Casualmente, il peso peggiore tocca sempre alla Lazio.

A Parma si è toccato il grottesco. Bašić viene espulso per fallo di reazione. Dieci minuti dopo, Valenti del Parma compie lo stesso identico gesto: l’arbitro vede tutto, separa i giocatori… e non estrae nemmeno il cartellino giallo. Stesso arbitro. Stessa partita. Decisioni opposte.

Coincidenza? Difficile crederlo.

E mentre tutto questo accade, la società Lazio resta in silenzio. Un silenzio assordante. Nessuna protesta, nessuna conferenza stampa, nessuna difesa pubblica della squadra. Lotito non parla. Fabiani non parla. Nessuno dice nulla.

E nel calcio italiano, il silenzio non è neutralità.
Il silenzio è accettazione.
Il silenzio è legittimazione.

Se stai zitto dopo Parma-Lazio, vuol dire che ti va bene così. Vuol dire che accetti che un ex arbitro come Calvarese dica “non è rosso” e che altri in TV raccontino una partita completamente diversa, arrivando persino a dire che la Lazio ha rubato e che mancavano un rigore e un altro rosso contro i biancocelesti.

Se non reagisci, il messaggio passa: hanno ragione loro.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti:

  • Milan-Lazio, penalizzati
  • Lazio-Bologna, penalizzati
  • Parma-Lazio, penalizzati

Sabato c’è Lazio-Cremonese. Prepariamoci al quarto episodio consecutivo.

Nel frattempo Sarri dovrà affrontare la partita in emergenza totale:
Zaccagni squalificato, Bašić squalificato (rischia più giornate), Dia e Dele-Bashiru in Coppa d’Africa, più una lunga lista di infortunati. E la società? Sempre muta.

Il paradosso finale è amarissimo: quando Sarri, dopo Inter-Lazio, disse che gli arbitri erano scarsi, la società fece un comunicato per smentire il proprio allenatore. Non per difenderlo. Non per proteggerlo. Per smentirlo.

E oggi ne paghiamo il prezzo.

Lotito ha perso la guerra politica nel calcio italiano, è uscito dalle stanze dei bottoni, e chi paga non è lui, ma la Lazio. I giocatori. I tifosi.

E mentre qualcuno continua a dire che “Lotito è il miglior presidente possibile”, la Lazio viene sistematicamente penalizzata. In silenzio.



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