Cuore, grinta, spirito di sacrificio. Se c’è un tratto distintivo che sta emergendo con forza nelle ultime settimane, è questo. La Lazio non sarà una squadra ricca di talento puro, non avrà una qualità tecnica travolgente, ma è innegabile che abbia trovato qualcosa di forse ancora più prezioso: la cattiveria agonistica e la capacità di soffrire insieme.
I numeri parlano chiaro. Quattro punti conquistati in inferiorità numerica nelle ultime due partite contro Bologna e Parma non sono frutto del caso. Sono il risultato di una squadra che non si disunisce, che non cerca alibi e che, anche nelle difficoltà più estreme, continua a credere nel risultato. Giocare in dieci — o addirittura in nove — e riuscire comunque a portare a casa punti significa avere un’identità precisa.
Questa Lazio lotta sempre. Lo ha fatto in campionato, lo ha fatto in Coppa Italia contro il Milan, in una partita in cui la squadra ha saputo soffrire, colpire e difendere con ordine fino all’ultimo secondo. È una Lazio diversa rispetto a quella dello scorso anno, che spesso sembrava innamorata della propria bellezza ma fragile nel momento in cui la partita si sporcava.
Qui entra in gioco il lavoro di Maurizio Sarri, che senza proclami e senza slogan ha compiuto quello che si può definire un mezzo capolavoro. Non tanto sul piano del gioco — dove i limiti restano evidenti — quanto su quello mentale. Sarri ha dato a questa squadra una solidità che mancava, trasformando una Lazio elegante ma inconsistente in una squadra meno bella, forse, ma decisamente più vera.
Lo scorso anno bastava un episodio negativo per vedere la squadra sciogliersi. Oggi, invece, la Lazio reagisce. Incassa il colpo, stringe i denti e continua a giocare. Anche quando tutto sembra girare storto: infortuni, espulsioni, arbitraggi discussi. La squadra resta lì, compatta, ordinata, pronta a sfruttare la minima occasione.
Certo, la qualità non abbonda. Lo sanno i tifosi, lo sa Sarri, lo sanno i giocatori stessi. Ma proprio per questo il lavoro sull’aspetto caratteriale diventa fondamentale. Questa Lazio non vince perché è più forte, ma perché è più determinata. Non domina le partite, ma le combatte. E spesso le porta dalla propria parte con il sacrificio collettivo.
Sarà una stagione di sofferenza, questo è evidente. Nessuno si illude che sarà un cammino semplice o lineare. Ma c’è una differenza enorme tra soffrire passivamente e soffrire lottando. Questa squadra sta scegliendo la seconda strada. E lo sta facendo con convinzione, mettendo in campo tutto quello che ha.
I ragazzi stanno dando tutto. Non sempre basta, non sempre sarà sufficiente, ma è difficile chiedere di più in termini di atteggiamento. La Lazio di oggi non si specchia, non si nasconde, non si tira indietro. Combatte. E in un calcio sempre più freddo e calcolatore, questa è già una vittoria morale importante.
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