Nelle ultime 48 ore in casa Lazio è successo qualcosa di inspiegabile e preoccupante.
Dopo la sconfitta a San Siro contro l’Inter, Maurizio Sarri aveva espresso alcune considerazioni sugli arbitri italiani, giudicate da tutti come moderate e condivisibili.
Il tecnico biancoceleste aveva detto che “gli arbitri di Serie A sono scarsi” e aveva proposto di aprire alla possibilità di far arbitrare anche direttori di gara stranieri. Nessuna accusa diretta, nessun riferimento al risultato o a presunti torti.
Eppure, ventiquattro ore dopo, la Lazio ha pubblicato un comunicato ufficiale per “rettificare” le parole del suo allenatore, difendendo la classe arbitrale italiana e prendendo implicitamente le distanze da Sarri.
Un comunicato che divide
Un gesto che ha lasciato basiti tifosi, giornalisti e addetti ai lavori.
Sarri non aveva attaccato l’arbitro Manganiello, né aveva parlato di episodi determinanti per il risultato finale.
Aveva semplicemente sottolineato un errore evidente: il mancato giallo a Lautaro Martínez per un fallo su Zaccagni.
Molti si sono chiesti il motivo del comunicato.
Se l’intento era quello di evitare una squalifica o una multa al tecnico, la reazione appare sproporzionata: in questa stagione altri allenatori, come Antonio Conte e Thiago Motta, hanno criticato duramente il VAR o la classe arbitrale, senza che le rispettive società si dissociassero pubblicamente.
Una frattura sempre più evidente
Dietro il comunicato si intravede una spaccatura profonda tra l’allenatore e la dirigenza.
Non è la prima volta che accade. Già alcune settimane fa, dopo le parole di Sarri sul mercato bloccato (“Se l’avessi saputo, non avrei firmato”), erano trapelate indiscrezioni secondo cui l’allenatore avrebbe comunque accettato un rinnovo dopo lo stop imposto dalla Covisoc.
Una notizia interpretata da molti come un modo per indebolirlo pubblicamente.
Poi, prima di Inter-Lazio, il ds Fabiani aveva provato a ricucire lo strappo: “Il rapporto con Sarri è ottimo.”
Ma le scelte successive, soprattutto il comunicato di domenica, vanno nella direzione opposta.
“Così non si può andare avanti”
Il punto, oggi, è chiaro: la Lazio sembra divisa al suo interno.
Sarri da una parte, deluso dalla mancanza di chiarezza sul mercato di gennaio e sull’organizzazione generale; la società dall’altra, infastidita dal carattere diretto e poco diplomatico del tecnico.
“Se Sarri avesse insultato l’arbitro, capirei il comunicato ma in questo caso sembra solo una ripicca verso il proprio allenatore. Una relazione così non può andare avanti.”
Il rischio è che il conflitto degeneri in una guerra fredda interna, dannosa per squadra e ambiente.
Lotito e Fabiani, invece di difendere l’allenatore, sembrano più preoccupati di correggerlo pubblicamente.
Due visioni inconciliabili
Da un lato, Sarri rappresenta l’allenatore che pretende chiarezza e coerenza.
Vuole sapere se potrà muoversi a gennaio, se il mercato sarà sbloccato, se potrà rinforzare la rosa.
Dall’altro, la società cerca un tecnico “gestibile”, più allineato, come lo fu Marco Baroni, sempre diplomatico anche nei momenti più critici.
Sarri, invece, è l’opposto: diretto, scomodo, schietto.
È un allenatore che parla quando qualcosa non va — e questo a Formello non piace.
Una crisi che viene da lontano
La tensione attuale è lo specchio di una gestione societaria confusa.
Alla Lazio manca una struttura forte: il tecnico deve spesso occuparsi anche di aspetti manageriali e comunicativi, ruoli che in altri club vengono svolti da figure dirigenziali competenti.
“L’allenatore della Lazio non fa solo l’allenatore, Deve fare il club manager, il portavoce, gestire i media e perfino difendere la società. Ma se la società invece lo attacca, è la ricetta perfetta per il fallimento.”
Conclusione: serve chiarezza, subito
O la società difende Sarri apertamente, o cambia rotta.
Le vie di mezzo non esistono: un allenatore esposto e non protetto non può lavorare serenamente.
Fabiani e Lotito dovranno decidere se proseguire con il tecnico toscano fino a giugno o mettere fine a un rapporto ormai logorato.
Nel frattempo, il campo non aspetta. E i tifosi, sempre più disillusi, si chiedono:
chi difende davvero la Lazio?
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