L’Atalanta ha deciso: Ivan Juric non è più l’allenatore dei bergamaschi.
L’esonero è arrivato dopo la pesante sconfitta interna contro il Sassuolo, ma la verità è che il destino del tecnico croato era segnato da settimane.
L’Atalanta non vinceva in Serie A da agosto, la classifica era diventata preoccupante e le prestazioni troppo deludenti per una squadra che negli ultimi anni, con Gasperini, aveva abituato tutti a un calcio spettacolare, europeo, vincente.
In realtà, non serviva un genio per capire che Juric non fosse il profilo adatto per raccogliere l’eredità di Gasperini.
Juric: un 2024 da incubo
Negli ultimi dodici mesi, la carriera di Ivan Juric è stata un continuo precipitare.
In poco più di un anno:
- un esonero,
- una retrocessione record,
- e una rescissione contrattuale al Southampton.
Tre esperienze, tre fallimenti.
Nonostante questo, l’Atalanta lo aveva scelto in estate per rilanciare il progetto tecnico post-Gasperini. Una scelta sorprendente, quasi rischiosa, che si è rivelata fallimentare.
L’ex tecnico di Torino e Roma non è mai riuscito a dare un’identità chiara alla squadra. L’Atalanta ha perso certezze, entusiasmo e — cosa ancora più grave — la capacità di fare paura agli avversari.
Palladino: la nuova scommessa di Percassi
Al suo posto è arrivato Raffaele Palladino.
Una scelta che, a prima vista, sembra più logica di quella di Juric, ma che lascia comunque qualche dubbio.
Palladino viene da una stagione difficile con la Fiorentina, chiusa al sesto posto e con un’uscita prematura in Conference League.
Nonostante un mercato importante e una rosa competitiva, i viola avevano ambizioni da Champions, ma hanno chiuso l’annata con più rimpianti che progressi.
Il tecnico campano, che due anni fa sembrava una delle rivelazioni del calcio italiano grazie all’ottimo lavoro con il Monza, non è riuscito a compiere il salto di qualità che tutti si aspettavano.
Le sue dimissioni, arrivate pochi giorni dopo il rinnovo, sono state la conferma di un progetto finito troppo presto.
L’eredità pesante di Gasperini
Il problema di fondo, però, va oltre i nomi.
Chiunque fosse arrivato dopo Gian Piero Gasperini avrebbe avuto un compito quasi impossibile.
L’allenatore piemontese ha scritto una delle pagine più straordinarie nella storia recente dell’Atalanta:
- tre qualificazioni consecutive in Champions League,
- una semifinale di Coppa Italia,
- la valorizzazione di decine di giocatori,
- e una crescita strutturale e identitaria senza precedenti.
Gasperini non era solo un tecnico, ma un costruttore di mentalità.
Sostituirlo con Juric — reduce da una retrocessione e da un periodo nero — è stato un segnale di ridimensionamento, più che di continuità.
Palladino è davvero l’uomo giusto?
Ora tocca a Palladino.
Un tecnico giovane, ambizioso, ma ancora tutto da dimostrare a certi livelli.
Il suo calcio basato su possesso e verticalità può anche piacere, ma l’Atalanta è un contesto complesso: una squadra abituata a ritmo, intensità, automatismi perfetti, pressing alto e coraggio tattico.
Inoltre, molti giocatori considerano Bergamo una tappa intermedia verso club più grandi.
Per gestire uno spogliatoio così, serviva un tecnico carismatico, esperto e autorevole.
Ecco perché in tanti sognavano un nome come Roberto Mancini, che si sarebbe proposto alla dirigenza nerazzurra: un profilo di esperienza internazionale, capace di dare continuità all’ambizione europea dell’Atalanta.
Ma Percassi ha scelto un’altra strada: una nuova scommessa.
Una questione di ambizioni
L’Atalanta oggi deve decidere cosa vuole essere:
- continuare a stare nell’élite del calcio italiano,
- oppure ridimensionarsi e tornare una squadra da metà classifica.
Con Gasperini, Bergamo era un punto d’arrivo.
Con Juric e ora Palladino, rischia di tornare a essere un trampolino di passaggio.
E se l’obiettivo resta l’Europa, non si può puntare solo su progetti “a basso rischio”: serve un allenatore di caratura internazionale, in grado di tenere alta la tensione e il prestigio del club.
Conclusione
L’esonero di Ivan Juric era inevitabile.
Ma la scelta di Raffaele Palladino non è esente da rischi.
Dopo il capolavoro Gasperini, l’Atalanta si trova a un bivio storico:
continuare a crescere oppure tornare nell’anonimato.
La palla ora passa a Palladino, ma le perplessità restano tante.
E se anche questa scommessa dovesse fallire, a Bergamo servirà una rifondazione profonda — non solo in panchina, ma anche nelle ambizioni.
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